A costo di deludere gli estimatori della morale buonista e chi rifugge tutte le decisioni che comportano responsabilità, ci tocca difendere il governo dalla tentazione di fare un passo indietro sulle norme che riguardano il reato di clandestinità. E difenderlo da chi cerca di ritagliargli addosso un’accusa di xenofobia.
Dovremmo, quindi, difenderlo dai socialisti spagnoli che puntano l’indice contro l’Italia quando cerca di limitare l’afflusso indiscriminato di clandestini e invece si esaltano quando sparano sui barconi della disperazione. Dovremmo difenderlo dagli apparati burocratici dell’Onu, farraginosi quando si tratta di fermare le stragi nel mondo, efficienti quando cercano di rifarsi una reputazione censurando un governo europeo che vuole difendere la propria sovranità.
Il vero reato è fermarsi. Il vero reato è cedere alle tentazioni di chi vorrebbe sterilizzare l’Italia negando il suo diritto a scelte sovrane. Se uno dei nostri ministri avesse fatto un appunto alle severissime norme varate dalla Germania sarebbe scoppiato un incidente diplomatico. Se l’Italia avesse difeso i diritti dei sans-papier sgomberati a colpi di manganello dalle chiese di Parigi, nonostante la protezione dell’indifesa bellezza di Emmanuelle Beart, l’Eliseo avrebbe sicuramente aperto una crisi diplomatica. Invece oggi è facile contestare al nostro governo quello che non ha mai detto per impedirgli di fare ciò che è necessario. Basterebbe recuperare la cassetta del confronto tra il ministro dell’Interno Maroni e il suo collega ombra Minniti per capire che la norma era prima di tutto dissuasiva.
Chi cerca di accreditare un’idea paratotalitaria dell’Italia finge di ignorare, caso unico in Europa, che il governo ha scelto da subito la via parlamentare preferendola a quella del decreto. Fin dall’inizio Maroni, considerando la delicatezza delle scelte ha spiegato che non ci sarebbe stata alcuna imposizione nonostante i numeri della maggioranza, ma un percorso chiaro, trasparente e pienamente democratico. Più democratico di quei provvedimenti sulla sicurezza interna che i governi dell’Unione hanno affidato a un decreto urgente.
E l’uso dissuasivo ha già avuto effetto. Nei dibattiti su internet, come nelle cronache riportate dai giornali stranieri, si è diffusa l’idea che l’Italia non sia più un Paese del Bengodi dove tutti possono entrare e fare quello che vogliono. È finita la situazione parossistica in cui i trafficanti di uomini potevano arruolare leve di disperati da sbattere sui barconi diretti verso l’Italia, con l’unica prospettiva di diventare mano d’opera nera o incrementare le file della prostituzione nelle strade. Per questo ci permettiamo di dire al presidente Berlusconi che l’immagine dell’aggravante, se aiuta a disinnescare le ostilità preconcette, rischia di annacquare la forza di un provvedimento che ha dato un segnale di inversione di tendenza. C’è una sola cosa inaccettabile, un sentimento ipocrita, purtroppo diffuso in Europa. Un sentimento lava coscienza: quello per cui l’idea va difesa, ma solo a casa degli altri.
Salvatore Tramontano