di BRUNO VESPA
Non ho capito come andrà a finire la storia dell’immigrazione clandestina. Silvio Berlusconi ha di fatto cancellato l’ipotesi più dura: reato, e quindi prevedibile carcerazione, per chi entra senza permesso. Si è detto che la decisione ha molti padri: la resistenza delle colombe di Forza Italia, le obiezioni del Vaticano alla vigilia dell’incontro con Benedetto XVI, la necessità di non tagliare i ponti di dialogo con l’opposizione.
A queste valutazioni, che hanno pesato, si aggiunge quella più traumatica: non abbiamo posto in carcere. E allora? L’aggravante della clandestinità per chi commette un reato tocca tasti giuridici delicati, ma è già in vigore, come ricorda il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Per l’immigrato clandestino senza colpe aggiuntive il problema non è di punirlo con la prigione, ma di espellerlo. Finora i clandestini si sono illusi di poter restare comunque in Italia. E lo stesso capo della Polizia ha ammesso che quasi tutti ci riescono.
Il nuovo governo ha uno spirito diverso e meno tollerante del precedente, ma francamente è difficile accompagnare alla frontiera chi non ha documenti e anche chi li ha se il suo paese non accetta di riprenderselo. Il carcere è disumano per chi ha fame, ma quanto tempo occorrerà per perfezionare i rapporti bilaterali con i paesi d’origine? Con il suo ripensamento, Berlusconi ha fatto onore al proprio spirito umanitario, però ha reso tecnicamente molto complicato l’allontanamento di ospiti indesiderati.
Quel che lascia stupiti è tuttavia il coro di indignazione che si è levato dalla comunità internazionale, l’Onu in testa. Il reato di immigrazione clandestina esiste senza polemiche in tre grandi paesi europei: Francia, Germania e Gran Bretagna. In Francia il clandestino che non venga riaccompagnato alla frontiera può essere condannato fino a 1 anno di carcere. In Germania, dove il reato di immigrazione clandestina esiste da moltissimi anni, la legge prevede il carcere fino a 1 anno e fino a 3 in caso di recidiva. In Gran Bretagna è previsto l’arresto, oltre a sanzioni amministrative, per chi ha documenti falsi e permessi di soggiorno scaduti, ma anche per i datori di lavoro di immigrati irregolari.
In Spagna, l’immigrazione clandestina non è reato, ma entro 3 giorni chi viene sorpreso senza documenti deve essere portato davanti a un giudice che decide se espellerlo o mandarlo in un campo di raccolta. Va ricordato che la Spagna è il paese che ha affrontato il problema con maggiore durezza repressiva: se noi rispettiamo in pieno la consuetudine umanitaria di soccorrere le barche in difficoltà, anche molto fuori dalle acque territoriali, gli spagnoli difendono le proprie coste con autentici blocchi navali. Il risultato sono i 370 mila rimpatri negli ultimi 4 anni. La Francia è in linea con le espulsioni italiane (23 mila lo scorso anno), la Gran Bretagna ha allontanato dal proprio territorio 63 mila persone negli ultimi 2 anni.
Si calcola che mezzo milione di clandestini tentino di rientrare ogni anno in Europa, dove funzionano 174 centri di accoglienza temporanea: in questo momento vi sono ospitate tra le 20 e le 25 mila persone. La permanenza massima prevista in Francia è di 1 mese, in Spagna di 1 mese e mezzo, in Italia di 2 mesi, in Germania di 18: è quest’ultimo il limite che si vuole estendere all’intero continente. Ma esistono nove paesi europei, tra cui la Gran Bretagna, i Paesi Bassi e i civilissimi stati scandinavi, in cui la restrizione in centri di accoglienza può durare all’infinito.
Nessuno, dunque, ha la ricetta infallibile. Ma nessuno accetta di stabilire l’ingresso libero nel proprio paese come per troppo tempo è accaduto in Italia.
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