di LINO JANNUZZI
Nel corso dell’ultima puntata di Anno zero, dedicata al film di Paolo Sorrentino su Giulio Andreotti Il divo, Michele Santoro ha mandato in onda uno spezzone del programma televisivo che trasmise da un teatro di Palermo vent’anni fa. È il momento in cui l’ex capo della Rete, Leoluca Orlando, seduto in un palchetto di prima fila, aggredisce Giovanni Falcone, all’epoca direttore degli affari penali al ministero di Grazia e giustizia e presente alla trasmissione, rimproverandolo di essere «prigioniero del Palazzo» (il governo Andreotti) e di trascurare di occuparsi dei rapporti tra mafia e politica. È in quel periodo che Orlando arriverà ad accusare Falcone di tenere «nascoste nel cassetto le carte» sui misfatti dei politici (sempre Andreotti) e lo denuncerà per questo al Csm, che «processerà» Falcone qualche mese prima della mafia, che lo ammazzerà a Capaci.
Qualche tempo dopo Orlando tornerà a esibirsi in televisione, sempre nel programma di Santoro, per accusare di mafiosità il maresciallo del carabinieri Antonino Lombardo, che aveva combatturo la mafia a Cinisi per vent’anni e aveva contribuito all’arresto di Totò Riina, il quale, per l’immeritato disonore, si suicidò.
Sarà per questi suoi storici meriti radiotelevisivi che Orlando, indiscusso campione dell’antimafia parolaia e mendace e del giustizialismo cieco e negatore del diritto, è stato candidato dal Partito democratico di Walter Veltroni alla presidenza della commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai e sollecita i voti della maggioranza di Silvio Berlusconi, già iscritto dagli amici di Orlando professionisti dell’antimafia di Palermo e di Caltanissetta nel registro degli indagati per riciclaggio dei soldi della mafia e favoreggiamento di Cosa nostra e quale mandante delle stragi mafiose di Capaci e di via D’Amelio. Perché non votarlo?