In Italia non c’è la certezza della pena»: è quanto dichiara Antonio Manganelli, capo della Polizia, alla commissione Affari istituzionali del Senato. Vuol dire che lo Stato non c’è. E non c’è proprio per la questione immigrati.
Se vi è un accordo tra il Pd e il Pdl per ristabilire lo Stato in Italia, occorre affrontare sia il problema dei Cpt sia quello delle nuove carceri. Anche preparare leggi più severe contro la droga non serve, se il carcere è così affollato da rappresentare una via alla disperazione.
Lo Stato deve avere forza, ma bisogna comprendere che essa è umana solo quando le strutture non sono infernali. E quindi la sicurezza pubblica vuol dire più carceri e più Cpt. Ma questo non è popolare, il buonismo italiano preferisce dimenticare che la pena è penosa e che la forza dello Stato consiste nell’infliggere cose penose.
Non c’è in Italia passione per lo Stato, la nazione ha perduto il suo fascino. Il poliziotto è una figura poco amata e anche il carabiniere, da quando è divenuto impotente contro il reato quotidiano, lo è. Sono rare le figure cui vengano riconosciuti titoli di rispettabilità. E così Guido Bertolaso è l’unico credibile, deve essere presente a Torino perché i fiumi tracimano e presente anche a Napoli per ricevere il presidente del Consiglio e affrontare i temi delle discariche.
La magistratura non si pensa da molto tempo come parte dello Stato. Al giudice basta il rinvio a giudizio di poliziotti per incriminare i poteri di Polizia. È accaduto con Bertolaso a Napoli. La magistratura non pensa che l’ordine pubblico sia una fatica reale per chi deve mantenerlo, pensa al diritto come forma e come sanzione legale.
Influenzati dalla sinistra pietista, religiosa o laica, i giudici pensano che la forza è violenza. E che essi abitano in un mondo il cui diritto è innocente della sua esecuzione reale. Si tratti di discariche, di immondizia o di criminalità diffusa. È inutile chiedere allo Stato che batta un colpo. Manganelli ci fa pensare che non abbia la forza di farlo.