Domenica sera è morto uno dei personaggi più straordinari che abbia mai conosciuto in vita mia: si chiamava Nicola Mansi e definirlo «l’autista di Bettino Craxi» davvero non è abbastanza. «Nicola», per come era noto a tutti, era semplicemente l’ombra di Craxi ovunque e comunque: più di una moglie, di una segretaria, più della notte e del giorno. Nicola c’era da prima del 1976, quando Craxi non era neppure segretario, e ci fu quando Craxi fu presidente del Consiglio, rappresentante dell’Onu, rifugiato in Tunisia: e non solo perché Craxi non aveva la patente e non sapeva guidare. Era un autista ma anche un guardaspalle, un amico silente, aveva occhi dolci a dispetto di un collo taurino e una faccia da ex boxeur che sapeva scoraggiare ogni velleità. Se c’era una manifestazione, presente Craxi, individuava i capi dei contestatori e diceva loro: se succede qualcosa, io meno voi. Funzionava. La gente fermava Craxi per complimentarsi o avere un autografo: ci pensava Nicola. La sassaiola e le monetine fuori dall’hotel Raphael: guidava Nicola. E quando Craxi conobbe le sue ore peggiori rinchiuso nell’ospedale di Tunisi, pochi giorni prima di morire, sopra un materasso riverso per terra, accanto a sé, indovinate chi c’era. Morto Bettino, ha lavorato qualche anno per Stefania Craxi e per la sua Fondazione. Ovunque sia andato, ha portato la patente con sé.