Erano dodici anni che l’inflazione non arrivava a questi livelli (+3,8% in un anno nel nostro Paese) fino a sfiorare il 4%. Tra due giorni la Banca Centrale europea farà la sua contromossa, alzando di ¼ di punto (+0,25%) il livello dei tassi di interesse. Questa mossa, a sua volta, come già aveva previsto Il Quaderno, indurrà i Paesi produttori di petrolio ad alzare ancora di più i prezzi del barile che viene pagato in dollari, e quindi in una moneta che continua a perdere terreno (quasi il 20% in meno in un anno) nei confronti dell’euro. Il petrolio già a 143 dollari al barile, un record assoluto (ma quando si fermerà questa corsa quasi inarrestabile verso nuovi record?) spingerà ancora verso l’alto il caro-vita che già presenta aspetti preoccupanti. Il rialzo dei prezzi infatti incide soprattutto sulle famiglie a reddito fisso - sui cosiddetti percettori di salari, di stipendi e di pensioni - in due direzioni: da un lato, sui generi alimentari come il pane (+11,6% in un anno), la pasta (+22,4%), la frutta e gli ortaggi (+5% in media); dall’altro lato, sull’energia che in termini concreti subirà rimbalzi per le bollette della luce del 4,3% e per quelle del gas del 4,7%.
È evidente che molti cittadini sono costretti a tenere l’auto in garage, che aumenta nelle grandi città il numero dei passeggeri che si rivolgono ai mezzi pubblici, che sta crollando del 20% in un mese l’immatricolazione di nuove auto. A questo punto il pericolo politico è evidente: il leader dell’opposizione Veltroni - leader per l’economia, si intende, perché invece quando si tratta di giustizia fa scendere in campo il suo compagno di strada Di Pietro - Veltroni insomma, già attribuisce al governo la colpa di non dedicare abbastanza attenzione a stipendi, salari e pensioni. I grandi giornali ospitano il parere dei grandi sindacalisti e dei grandi commentatori della sinistra, tutti favorevoli ad un allineamento tra i prezzi e le retribuzioni dei lavoratori. E qui un baratro si spalanca di fronte al governo di centrodestra, perché se si cederà di fronte a queste pressioni, allontanandoci dalla linea della fermezza imboccata dal ministro del tesoro Tremonti, si innescherà inevitabilmente una rincorsa spaventosa tra prezzi e salari che potrebbe mandare in dissesto il nostro sistema già provato dalla mancanza di competitività sui mercati internazionali.
La strada è quella, cosparsa di sacrifici ma inevitabile, dell’aumento della produttività e dei salari commisurato alla ripresa delle industrie e delle aziende commerciali.
In definitiva, quella sinistra che difendeva a gran voce, sembrano passati dieci anni ma ciò accadeva soltanto tre-quattro mesi fa, le scelte improntate all’austerità del governo Prodi, ora vorrebbe una politica economica allegra e spensierata che ci porterebbe allo stesso dissesto nei conti della Prima Repubblica. Veltroni il censore, dimentico del grande disastro finanziario che ha lasciato alle sue spalle nel Comune di Roma, la capitale d’Italia, salirà sulla cattedra per bacchettare ogni giorno il governo di centrodestra nel nome degli interessi dei lavoratori. Sarà sostenuto, in questo suo lavorio ai fianchi di Berlusconi, dallo squadrone possente che abbiamo già detto di grandi opinionisti e di grandi sindacalisti. Fioccheranno gli articoloni sulle prime pagine dei giornali, le televisioni riprenderanno a dire che stavolta le famiglie non arrivano alla terza settimana: il governo dovrà perciò mettere in chiaro la situazione e passare immediatamente alla controffensiva. Si dovrà dire che la crisi dell’energia non è italiana ma europea e che l’Europa deve avere una voce unica in questo settore fondamentale per la vita quotidiana di tutti e presentarsi come un unico interlocutore di fronte al possente “cartello” dei Paesi produttori di petrolio.
Quando il presidente francese Sarkozy dice che bisogna rispondere subito al caro-petrolio con: 1) energia nucleare; 2) energie rinnovabili; 3) risparmio su riscaldamento, aria condizionata e auto private, dice una verità che sarà certo condivisa dal nostro governo. Ma sul piano interno, nelle settimane che si annunciano già difficili, nel clima infuocato delle manifestazioni che verranno, si dovrà rispondere colpo su colpo all’attacco di Veltroni, svelando la sua debolezza: quell’incapacità di amministrare da parte della sinistra che è dimostrata storicamente da una serie di governi balbettanti e inconcludenti soprattutto in economia, sempre divisi tra l’antica voglia di distribuire il reddito in maniera comunista e l’innamoramento verso i settori nuovi, tecnologici, di punta che in realtà contano poco o nulla. Stiamo parlando di quell’incapacità anche e soprattutto dimostrata nell’amministrazione delle grandi città, che erano e restano il banco di prova per chi vuole salire a Palazzo Chigi, al governo dell’intero Paese.
Ecco perché ogni volta che si tocca il tasto dolente di Roma, si scatena, da un lato, la reazione dei seguaci di Veltroni e, dall’altro, la ricerca di nuovi posizionamenti della sinistra verso un dialogo che è invocato soltanto a parole ma che nella realtà concreta, oggi, in queste ore, non è nelle loro corde.
Il governo di centrodestra è stato votato da una maggioranza schiacciante, ha ottenuto 10 punti in più dei suoi avversari e questo ce lo dovremo ricordare tutti quando ci troveremo sempre più soli al centro di una scena economica sempre più difficile. Su questo scenario purtroppo si ripercuoteranno le difficoltà finanziarie dell’Europa e quelle economiche dell’America, la tradizionale scarsa capacità di ripresa di un’Europa sempre più burocratica, sempre più portata ad elevare i tassi di interesse ma ancora impossibilitata ad una azione comune nei settori che contano. E l’economia americana? Quella, speriamo almeno che riprenda com’è tradizione, con il nuovo Presidente Usa.