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 DIVIETO ALLA TRASPARENZA, di Mario Cervi Data: 30/08/2008
Appertiene alla sezione: [ Il commento del giorno ]
Divampa in queste ore la polemica sulle intercettazioni della Magistratura all'ex prenmier Romano Prodi, pubblicate da Panorama e che si riferisconoa presunte raccomandazioni di Prodi a favore di suoi parenti.
L apubblicazione delle intercettazioni ha riacceso i riflettori su questo cancro del sistema "giustizia2, sull'uso e sull'abuso che se ne fa.
A Prodi ha espresso solidarietà il premier Silvio Berlusconi, a sua volta vittima di intercettaziioni pubblicate dai giornali, che ha nuovamente solleictato una legge di regolamentazione.
Mentre un ex deputato ds Calvi, noto penalista, concorda sulla necessità della legge, da sinistra e in primis dal segretario del PD si respinge la solidarietà di Berlusconi e si sositiene che essa è strumentale. Povero Walter, è passato dal rifiuto del metodo della criminalizzazione dell'avversario alla pratica di un metodo peggiore: adirittura alla criminalizzazione della solidarietà che il nuovo corso veltroniano arriva a vietare. Sul "divieto di solidarietà" interviene con questo suo acuto commento il vicedirettore de Il Giornale Mario Cervi. Eccolo.

DIVIETO DI SOLIDARIETA', articolo di Mario Cervi
La reazione della sinistra alla solidarietà di Berlusconi nei confronti di Romano Prodi non è solo una dimostrazione di inciviltà politica e di meschinità umana. È la confessione di una debolezza, di un disorientamento, di un’impotenza che, per mascherarsi, sostituiscono l’insulto alla dialettica delle idee e ai toni del tanto invocato dialogo. Berlusconi esprime la sua vicinanza a Prodi nel momento in cui un’intercettazione telefonica lo chiama in causa, dall’opposizione arriva non un segno di gratitudine o almeno di cortesia, ma una caterva di ripulse di insinuazioni, di provocazioni volgari, alle quali ha dato il la, spiace dirlo, proprio Prodi.
Sottolineo solo brevemente - per non sembrare corporativo - quell’aspetto della polemica che investe Panorama e il Giornale in quanto considerati, direttamente o indirettamente, di proprietà del Cavaliere. Sapete qual è il consiglio che questi democratici a 24 carati, questi apostoli strenui della libertà di stampa danno a Berlusconi? Se proprio voleva intervenire, affermano, che lo facesse non nella sua veste istituzionale ma come «padrone»: censurando fogli che sono sotto il suo controllo. Questo appello al bavaglio viene anche dall’«aperto» Veltroni, in trasferta negli Stati Uniti.
L’episodio la dice lunga sulla sincerità di alcuni sacerdoti del pluralismo. All’occorrenza scoprono che in fin dei conti il Minculpop aveva i suoi pregi. Ma passiamo al nodo della questione.
Per la citazione delle offese c’è larga scelta. Darei la precedenza, perché se la merita, a tale Franco Monaco secondo il quale «Prodi non ha niente da temere perché è una persona per bene». S’intende diversamente da Berlusconi. È con questo approccio, ossia con la delegittimazione e il discredito del Presidente del consiglio, che si esige un ruolo nell’elaborazione delle riforme. Cogliamo ancora qualcosa in questo letame. Per Mussi «la solidarietà di Berlusconi è pelosa», per Sgobio «le sue sono lacrime di coccodrillo», per Tenaglia Berlusconi «gioca sporco». Notevole per lucidità la tesi di Rosy Bindi secondo cui il premier «tenta di farci apparire come loro». Riesce difficile capire perché mai dovrebbe stargli tanto a cuore la sconfitta. Infine Di Pietro, poteva mancare? Il fine politologo ritiene che Prodi abbia dimostrato la sua genialità «non cadendo nella trappola».
Roba da avanspettacolo di fine agosto. Ma quale trappola? Berlusconi ha sempre manifestato il suo proposito di limitare le intercettazioni. L’ha fatto quando colpivano gli amici, l’ha fatto quando colpivano i nemici. Prodi è incappato in una intercettazione e il Cavaliere, in coerenza coll’opinione sempre sostenuta, gli è stato affianco. Per tutta risposta anatemi e improperi. Ma ci rendiamo conto. Per certi soggetti la coerenza è una trappola.
Mario Cervi

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