La sinistra ha scelto la scuola come principale terreno di scontro di queste settimane. Sostanzialmente fallita la raccolta di firme “Salva l’Italia” promossa questa estate da Veltroni contro Berlusconi, e con il rischio concreto che la manifestazione di ottobre si riveli piuttosto fiacca, ecco “Salva la scuola”. Insegnanti mobilitati in coincidenza con la riapertura dell’anno scolastico contro la riforma Gelmini. A Roma siamo addirittura al ridicolo: una quarantina di istituti hanno listato a lutto le aule, causa “la fine del nostro sistema scolastico”.
Ma di quale sistema stiamo parlando, che cosa difendono la sinistra, il Pd, la Cgil e molti insegnanti? L’Ocse ha appena reso pubblica una ricerca che classifica la scuola italiana tra le peggiori dei paesi evoluti. E questo giudizio nasce esattamente dagli stessi presupposti che stanno ispirando l’azione del ministro dell’Istruzione e del governo: troppi insegnanti e dunque mal pagati (il bilancio del ministero è fatto per il 96% di spese per il personale), troppe ore sui banchi, cattiva didattica. Drammatici i dati sull’università, che registra tassi di abbandono da parte degli studenti del 55% contro il 31% della media Ocse. Ma soprattutto meno del 20% dei nostri ragazzi hanno una preparazione universitaria, contro il 35% della media.
È l’organizzazione ad essere sbagliata, secondo l’istituto di ricerca con sede a Parigi. L’Italia spende molto per la scuola, ma spende male. Ed il caso tipico sono proprio le elementari, che pure restano tra le prime sei dei paesi occidentali: la spesa per alunno nella scuola primaria è di 6.835 dollari contro i 6.252 della media, però i bambini studiano molto meno, 735 ore contro le 812. Troppe classi, troppi docenti, dice l’Ocse: le nostre sono composte in media da 18,4 bambini, con tre o quattro maestri (ma anche più), rispetto ai 21,5 bambini degli altri paesi.
Eppure la sinistra e la burocrazia scolastica si ribellano contro il ritorno al maestro unico, colpevole di “uccidere la scuola”. Una misura che al contrario, stando all’ultimo sondaggio Abacus presentato ieri sera a Ballarò, risulta gradita alla maggioranza delle famiglie, assieme a tutto il pacchetto scolastico varato dal governo.
La trincea dell’opposizione è il taglio dei maestri. Con ciò rivelando che cosa pensano la sinistra e sindacati della scuola: un servizio utile per creare cattedre e posti di lavoro per docenti e personale, più che per istruire gli studenti e soddisfare le famiglie. Una sorta di grande ammortizzatore sociale dove in tutti questi anni legioni di precari si sono trasformati in maestri e professori creando costi insopportabili a scapito degli investimenti e della didattica. Qualcuno ricorda i famosi mille corsi di laurea, spesso dai nomi surreali, inventati sotto il penultimo governo Prodi? I risultati sono lì, e non li giudica il centrodestra ma l’Ocse. Quando pochi giorni fa Mariastella Gelmini disse le stesse cose a proposito della qualità della scuola italiana, venne giù il mondo (da parte dei soliti sindacati e della solita sinistra).
È la stessa mentalità che anni fa ridusse le Poste a livelli da terzo mondo: dovevano servire, per la sinistra, a dar lavoro e orari comodi agli impiegati, non a recapitare la corrispondenza e fornire servizi ai cittadini. E così le Ferrovie, fino all’Alitalia.
Ieri sera abbiamo sentito un politico per altri versi intelligente come Massimo D’Alema affermare che maestro unico e ritorno al voto in numeri ci riportano “all’autoritarismo”. Fino a non molti anni fa la scuola era così, compresa quella di D’Alema, eppure funzionava molto meglio.
Sono prevedibilmente gli slogan che il Pd e la Cgil fornirà ai professori più politicizzati, e agli studenti da strumentalizzare, per i prossimi mesi. A beneficio dei soliti talk show. Un rituale visto e rivisto, che finora ha dato questi risultati.