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 ELOGIO DEL CASSETTISTA, articolo di Bruno VESPA Data: 20/09/2008
Appertiene alla sezione: [ Opinione ]
Il mio sistema di sopravvivenza è piuttosto banale: quando la borsa crolla, salto la pagina dei listini. Perché soffrire inutilmente? Ho un unico rimpianto: nel luglio del 2007 volevo vendere tutto: non era possibile che le quotazioni salissero costantemente per 5 anni senza che prima o poi ci fosse un acquazzone. Un “esperto” mi scongiurò di non farlo. Lo sventurato, cioè io, rispose. Era accaduta la stessa cosa vent’anni prima. La mia cultura terragna mi aveva suggerito anche allora di non strafare. Un altro “esperto” mi parlò di non so quale intervento giapponese sull’Olivetti… panzane. Presi un bagno dal quale ancora non mi asciugo.
Il terremoto di questi giorni (e dei mesi passati) da risparmiatore comune mi ha sorpreso. Almeno 3 anni fa, se ricordo bene, erano uscite le prime copertine di Newsweek e dell’Economist con palazzi che crollavano sotto i fulmini. La crisi immobiliare prima o poi sarebbe arrivata. Se nemmeno gli “esperti” delle più grandi banche del mondo sanno farsi i conti in tasca, stiamo freschi.
Dopo il primo grande bagno, lunedì 15 settembre, Silvio Berlusconi a Porta a porta ha suggerito di comportarsi come i “cassettisti”, quei risparmiatori all’antica che mettevano i titoli in un cassetto, ne incassavano ogni anno i dividendi e non si ponevano il problema di vendere le azioni. In effetti, a ben vedere, se un’azienda è sana e fa utili ragionevoli, il titolo può andar giù quanto si vuole, ma passata la buriana recupera. Il problema è di non avere fretta.
Una cosa ormai deve essere chiara a chi investe in borsa: non avere fretta. Mai. Se si è speculatori, questo discorso ovviamente non vale. Il brivido del successo può equivalere al brivido del disastro. Mi riferisco invece a chi si comporta come il buon padre di famiglia richiamato nel diritto romano: moderazione e pazienza.
Quando dico ai gestori dei miei risparmi di comportarsi come il buon padre di famiglia, entrano nel panico. Che significa? Significa che la flessibilità del mio portafoglio è assoluta. Non sono uno speculatore, ma nemmeno la vecchietta che vive con i dividendi delle azioni. Regolatevi con buonsenso. Qualche volta funziona.
Il problema è che non si capisce più dove stia il buonsenso o, per entrare nel merito, quanto valga una società quotata. Certi prezzi, tecnicamente, non hanno senso. Non l’avevano quando erano troppo alti. Non l’hanno oggi che sono troppo bassi. Quando i titoli crollano, sarebbe il momento di comprarli. Ma chi ha il coraggio di farlo? Tutti vorrebbero comperare al punto più basso e vendere al punto più alto. È impossibile e spesso si perde per ingordigia.
Eppure, in questi momenti così difficili, cominciamo ad apprezzare la nostra Italia. Anche se il bello e il cattivo tempo si decidono a New York (le televisioni americane non dicono mai come vanno le borse europee, tanto poco contano), dobbiamo essere consapevoli che le nostre banche, pur così bistrattate, sono per fortuna più tirate nel concedere i mutui e gli italiani sono per fortuna più prudenti nel chiederli.
A nessuno verrebbe in mente di chiedere (o di concedere) un mutuo pari al 100 per cento della casa. E a nessuno verrebbe in mente di ipotecarsi la casa per consumare di più. Anche se da noi il credito al consumo è in crescita (perfino al supermercato, la quarta settimana del mese), continuiamo a essere un popolo di risparmiatori. Stiamo tornando ai titoli di stato o equivalenti. In attesa che smetta di piovere sul bagnato.
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