di Massimiliano Lussana
E meno male che fino al 4 novembre (la fine della Prima guerra mondiale) il calendario non propone altre date storiche meritevoli di commemorazioni, ricordi o dibattiti. Perché non ci eravamo ancora ripresi dall’esegesi politica dell’8 settembre - interessantissima, per carità - e da tutti i suoi corollari sul «fascismo male assoluto», sull’organigramma del Museo della Memoria (Veltroni sì, Veltroni no) e sull’appassionante partecipazione di Giuliano Amato alla commissione Attali alla vaccinara, che già la politica italiana si arricchisce di un nuovo tema decisivo per le sorti del Paese. Un comitato bipartisan guidato dai radicali - nel cuore dei quali Porta Pia ha sempre fatto breccia - ha chiesto il ripristino del 20 settembre come festività nazionale, ricordando i nomi di 48 bersaglieri caduti.
Insomma, rispetto alle ultime due settimane è una rivoluzione copernicana nel dibattito politico: l’orologio si è spostato infatti dal 1943 al 1870. Alla faccia di chi critica la tendenza dei nostri rappresentanti alla politica del «giorno per giorno».
Il salto indietro di altri 73 anni sembra fatto apposta anche per la gioia di noi giornalisti: articolo sulle posizioni politiche in campo, intervista contrapposta a papalini e antipapalini, boxino di rievocazione del fatto storico, scheda infografica con la rappresentazione delle divise delle armi degli eserciti in campo, mappa topografica della zona del combattimento.
A questo punto, fra l’altro, è possibile ipotizzare gli sviluppi futuri del dibattito politico: in America fallisce la maggiore banca d’affari? I sindacati fanno saltare l’Alitalia? Nella terra di Gomorra scoppia la rivolta degli africani? Nessun problema: i nostri parlamentari sono già pronti all’analisi degli ultimi scontri tra i banditi che difendevano il Regno delle Due Sicilie e le truppe piemontesi, alla presentazione di mozioni per la rivisitazione storica dello scontro tra Guelfi e Ghibellini e al riesame ragionato della caduta dell’Impero Romano con tanto di parallelo fra il ruolo di Romolo Augustolo per l’Impero e quello di Walter Veltroni per il Pd. E ancora, si potrebbe pensare alla rilettura in chiave progressista della terza Guerra Punica, con raccolta di firme da parte dei Verdi per un referendum sulla tutela degli elefanti o a proposte di legge per il peacekeeping a posteriori tra Sparta e Atene.
A tal proposito, si potrebbe anche proporre all’Onu l’affidamento del ruolo a Romano Prodi, già investito del peacekeeping per l’Unione Africana.
Insomma, si potrebbe continuare all’infinito, risalendo fino al Pleistocene e alle mozioni bipartisan per il ripopolamento delle nostre montagne con i brontosauri, specie ingiustamente estinta. E siamo proprio sicuri che i Curiazi non meritino la riabilitazione e una fiera condanna gli Orazi, soprattutto il sopravvissuto sterminatore della «cosca» di Albalonga e persino della propria sorella?
Il concetto è chiaro. Quello che è meno chiaro è dove porti una politica che si occupa tutti i giorni di fascismo-antifascismo o di appoggio o meno al Papa Re. Dove vada un Paese che ha il collo eternamente girato all’indietro, anziché guardare avanti. Il rischio è quello di non essere nani sulle spalle di giganti, ma nani tout court.
E se è vero come è vero che la storia è un corso e ricorso di eventi e che la lezione della migliore storiografia è quella di rileggere il passato per affrontare meglio il futuro, è anche vero che una politica che si limita a questo porta sì l’Italia al corso e ricorso di eventi. Ma l’evento in questione rischia di essere solo Caporetto.