E' finito com'era ampiamente prevedibile, in perfetta parità, il primo duello in tv tra John McCain e Barack Obama. Le questioni su cui si è incentrato il dibattito sono state la spesa pubblica, le tasse e la guerra in Iraq. In tutto il confronto è durato un'ora e mezzo. La sfida per la Casa Bianca è più aperta che mai. Non ci sono stati "colpi fatali" in grado di mettere kappaò l'avversario: niente sviste né gaffe clamorose. Tutto secondo copione. I due candidati, però, sono riusciti a far emergere le sostanziali differenze che caratterizzano i rispettivi programmi.
Il tema dell'età e dell'esperienza - più volte circolato con battute e allusioni soprattutto negli spot elettorali - è tornato al centro del dibattito politico. McCain ha messo in discussione la capacità di Obama, senatore al primo mandato, di guidare la Casa Bianca: "Non credo, onestamente, che il senatore Obama abbia le capacità e l’esperienza. Ha espresso giudizi sbagliati su numerose questioni". Obama, da parte sua, ha cercato di uscire dall'angolo sottolineando la sostanziale continuità tra la politica di Bush - sempre più impopolare negli Stati Uniti - e quella di McCain. "Il prossimo presidente dovrà avere una visione strategica più ampia riguardo a tutte le sfide che abbiamo davanti".
Nel corso dei 90 minuti di dibattito non vi sono stati errori da parte dei due candidati. Lo scambio dialettico in certe fasi è stato vivace ma nessuno ha commesso gaffes decisive. Obama è apparso più a suo agio sugli aspetti economici mentre McCain ha dimostrato maggiore esperienza in politica estera. Ognuno, in buona sostanza, è riuscito a marcare bene il territorio evidenziando i propri "punti di forza.
Vaghi sull'economia McCain e Obama però hanno un po' glissato sul piano anticrisi da 700 miliardi di dollari fortemente voluto da Bush. Al Congresso proseguono le negoziazioni sul pacchetto salva-finanza messo a punto dall’amministrazione Bush. Il tema, quindi, è strettamente d'attualità. Ma entrambi i candidati, anche se incalzati dal moderatore del faccia a faccia, Jim Lehrer, si sono ben guardati dal dire esplicitamente se intendono votare a favore del provvedimento. "Stiamo vivendo la più grave crisi finanziaria dalla Grande Depressione. Siamo in un momento cruciale, questa crisi è il verdetto finale di otto anni di politiche fallimentari promosse da George W. Bush e supportate dal senatore John McCain", ha attaccato Obama, limitandosi ad evidenziare che i dettagli finali del piano devono ancora essere definiti. McCain, esprimendo ottimismo sulla possibilità di un accordo bipartisan per risolvere la crisi finanziaria, ha detto solo di "sperare" di poter votare per il provvedimento. "Se non rimediamo alla peggior crisi finanziaria dei nostri tempi - ha ammonito il senatore dell’Arizona - ci saranno persone che perderanno il lavoro, i loro crediti e le loro case: questo non è l’inizio della fine ma è la fine dell’inizio".
Due ricette per uscire dalla crisi. Se per il candidato repubblicano l'unico modo per uscire dalla crisi è contenere la spesa pubblica (senza intaccare, però, i fondi necessari per la difesa e i veterani) Obama non intende in alcun modo ridurre le risorse da investire nel sistema sanitario e nella scuola. "Dobbiamo tagliare la spesa che è assolutamente fuori controllo", ha spiegato McCain, la gente comune "sta pagando il prezzo della corruzione e dell’ingordigia di Wall Street e di Washington". Poi, mostrando una penna, McCain ha assicurato che passerà al vaglio ogni agenzia governativa e "firmerà il veto" su ogni provvedimento di spesa ingiustificato che arriverà sulla sua scrivania da presidente. L’affondo di Obama non si è fatto attendere. "Fino a dieci giorni fa McCain diceva che i fondamentali dell’economia sono solidi", ha affermato Obama, andando poi all’attacco sulla questione delle tasse. "Se guardi alle tue politiche fiscali, ti rendi conto che sono rivolte a favore di coloro che già se la passano bene e tralasciano quelli che devono combattere giorno per giorno per andare avanti. Questa non è altro che una prosecuzione degli ultimi otto anni, e non possiamo permettercene altri quattro", ha proseguito Obama, riecheggiando lo slogan della convention di Denver. Il candidato democratico ha dunque contestato quella "filosofia repubblicana", secondo la quale "meno regolamentazione c’è e meglio è perchè il mercato risolve tutto da solo".