di LUCA RIDOLFI (da Panorama)
Nei dibattiti sulla scuola si scontrano quasi sempre opinioni molto diverse: sul tempo pieno, sulla scuola di massa, sulla severità, sul primato delle materie scientifiche o di quelle umanistiche, sui metodi di insegnamento, e in definitiva sulle ragioni per cui la scuola italiana fa una pessima figura nei confronti internazionali. C’è un punto, tuttavia, su cui si registra un consenso quasi unanime: fra i vari ordini di scuola l’anello forte sarebbe la scuola elementare, mentre la scuola media inferiore sarebbe l’anello debole. Di qui un permanente e unanime elogio delle virtù dei maestri e una cortina di silenzio sul lavoro degli insegnanti delle medie, che raccolgono i ragazzi sfornati dalle elementari.
Non saprei dire come questa doppia credenza si sia installata nelle nostre menti, ma penso che dovremmo valutarla con un briciolo di senso critico. La principale evidenza a suo sostegno è che nei confronti internazionali l’Italia sfigura sempre di più man mano che si procede nei vari ordini di scuola: siamo piazzati decentemente nelle indagini Pirls e Timss in 4ª elementare, siamo piazzati decisamente male nelle indagini Timss sui ragazzi di 3ª media, siamo piazzati malissimo nelle indagini Pisa sui quindicenni (fine della scuola media o inizio delle superiori). Dunque la scuola elementare sarebbe l’anello forte, la scuola media inferiore, in cui avviene il tracollo, sarebbe l’anello debole. Questo ragionamento, tuttavia, ha diverse falle.
Prima falla. Nel confronto internazionale la posizione della scuola elementare italiana è ottima nella lettura (5° posto su 21 paesi), ma è mediocre in scienze (13° posto) e pessima in matematica (15° posto). Dunque, se consideriamo i 21 paesi per cui si hanno dati completi in lettura, matematica e scienze (indagini Pirls 2006 e Timss 2003), la scuola elementare italiana non risulta affatto ai primi posti nel mondo ma occupa una posizione di centro classifica.
Seconda falla. Secondo l’indagine Pirls i risultati in lettura sono influenzati in modo apprezzabile dalla frequenza alla scuola materna, che in Italia è molto maggiore che nella media internazionale: ciò fa sorgere il sospetto che parte dello squilibrio fra i risultati in lettura (ottimi) e quelli in matematica (pessimi) sia l’effetto congiunto dell’alta frequenza alla scuola materna e della scarsa preparazione matematica dei maestri della scuola elementare. Insomma, l’unico successo della scuola elementare (lettura) forse è innanzitutto merito della scuola dell’infanzia.
Terza falla. Oltre ai confronti internazionali ci sono le indagini nazionali dell’Invalsi, condotte negli anni scolastici 2004-5, 2005-6 e 2006-7. Prima che il ministro Giuseppe Fioroni smontasse l’impianto metodologico e organizzativo delle prime indagini, l’istituto di valutazione aveva un modo molto efficace di misurare il grado di apprendimento: la percentuale di risposte esatte. Usando questo metro è facile farsi un’idea del ritmo con cui declina il sapere dei nostri studenti. Come si vede dal grafico, il grosso del declino (circa 7 punti all’anno) avviene nei 4 anni fra la 2ª elementare e la 1ª media, ossia in un arco di tempo in cui i ragazzi sono quasi interamente nella scuola elementare. Viceversa il declino minore (appena 1 punto all’anno) avviene nei 3 anni fra la 1a media inferiore e la 1a superiore, ovvero in un arco di tempo in cui i ragazzi sono quasi interamente nella scuola media inferiore.
Conclusione: forse l’anello forte (o meno debole) è la media inferiore, mentre è proprio la scuola elementare a costituire l’anello debole, il luogo in cui si prepara meticolosamente il disastro. Un sospetto rafforzato da un’osservazione: come mai nella scuola secondaria così come nell’università tantissimi ragazzi hanno una conoscenza della lingua italiana che, un tempo, nessuna scuola elementare avrebbe accettato?
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