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 COMUNQUE VADA SARA' UN INSUCCESSO Data: 25/10/2008
Appertiene alla sezione: [ Opinione ]
di Massimo De Manzoni
Oggi qualche centinaia di migliaia di persone affolleranno il Circo Massimo per prender parte alla sola iniziativa che abbia avuto il Pd dalla sconfitta alle elezioni a oggi: una manifestazione, quando si dice l’originalità. Hanno avuto anche la fortuna che l’evento coincidesse con le proteste studentesche e subito è partito l’appello a ragazzi, mamme e professori perché non manchino alla scampagnata. Fidando anche sulle truppe cammellate dei sindacati (composte da soldati un po’ ingrigiti ma sempre affidabili), i vertici del partito hanno scommesso su un milione di teste da contare sul grande spiazzo. Stasera, vedrete, vi diranno che invece ce n’erano due milioni e cominceranno a inneggiare al trionfo senza precedenti. Non saranno numeri veri e sarebbe facile dimostrarlo con semplici calcoli alla portata di un alunno delle medie, seppure in sciopero. Ma non è questo il punto.
Anche se ad ascoltare Walter Veltroni ci fosse «l’enorme moltitudine di donne e uomini» di cui vagheggiava ieri Piero Fassino su Europa, non si tratterebbe comunque di un successo, bensì di un funerale: un gigantesco corteo funebre per seppellire un progetto nato poco più di un anno fa. Ricordate? Non è facile e per certi aspetti sembra incredibile. Ma appena eletto segretario del Pd Veltroni decretò la fine delle alleanze che costituivano l’Ulivo e proclamò che il nuovo partito sarebbe andato alle elezioni da solo. Una volta caduto Prodi, confermò e ampliò il concetto, aggiungendo che anche i toni dovevano cambiare: mai più insulti, vietato vedere l’avversario come «nemico», promesse di collaborazione leale. Bene, da quel preciso momento, l’ex comunista che ha sempre negato di essere stato comunista ha passato il tempo a smentire se stesso, dando vita a una sbalorditiva cavalcata senza briglie che trova oggi il suo epilogo in un luogo simbolicamente perfetto: il Circo Massimo, appunto. Per prima cosa, l’uomo che voleva andare da solo per non dover chiedere mai si è affrettato a munirsi di un alleato. E non di un alleato qualsiasi, bensì del più scomodo, infido, pericoloso, dannoso e becero di tutti: Antonio Di Pietro.
Questo giornale gli ha dapprima sconsigliato e poi contestato a più riprese l’innaturale connubio. Oggi, tra le macerie ancora fumanti, la stessa canzone gliela canta anche il suo quotidiano di riferimento (no, che cosa avete capito: non la travagliesca Unità ormai persa nei suoi deliri giustizialisti, ma la cangiante Repubblica). Meglio tardi che mai? Mica tanto: nel frattempo Veltroni, spiazzato dal poliziotto-magistrato travestito da politico, si è sfiancato a rincorrere Di Pietro su tutti i terreni possibili, in un andirivieni di posizioni e di dichiarazioni che hanno confuso i militanti e snaturato il progetto politico.
I toni, ovviamente, si sono adeguati. L’avversario con il quale collaborare per il bene dell’Italia è rapidamente ridiventato il nemico da infangare. Berlusconi e i suoi ministri sono stati dipinti alternativamente come dei bulli, degli antidemocratici, dei fascisti, dei razzisti. L’Italia lieta e serena di sei-sette mesi fa si è trasformata in una landa desolata aperta alle scorribande nazifasciste della maggioranza, in un Paese in rovina economica, morale e culturale, in breve: «in un inferno», come ha magistralmente sintetizzato il nostro Uòlter l’altra sera in tv da Santoro. I commentatori di calcio, di cui lo juventino ma anche romanista Veltroni è appassionato, lo ripetono sempre: troppo movimentismo finisce per togliere lucidità. E infatti... Si scopre che l’ex sindaco ha lasciato una voragine nei conti del Comune di Roma? Lui tuona: «Una bufala politica». Salvo poi dover ammettere che effettivamente «esiste un problema di liquidità». Apre la festa del Partito democratico e lui che fa? Se ne scappa in America a tentare di ottenere un’improbabile (e difatti mai avvenuta) legittimazione da parte di Barack Obama. Berlusconi allestisce la cordata per salvare Alitalia e lui dov’è? Ma negli Stati Uniti, è ovvio. Poi però, quello che non va mai in tv torna, va in tv da Vespa e spara: «Alitalia? L’ho salvata io». Non gli ha creduto neppure la figlia, ma non gliel’ha potuto dire: papi le aveva appena comprato casa a New York, non sarebbe stato carino.
Intanto, il picchiatore di Montenero di Bisaccia continuava a prenderlo a sberle. A un certo punto Veltroni si è stufato e cosa ha fatto? Indovinato: è andato in tv, da Mentana, e ha detto che tra loro era tutto finito. Non se l’è filato nessuno: né il suo partito né l’ex Pm. Tutto è continuato come prima. Allora Veltroni è tornato in tv, da Fazio questa volta, e ha riannunciato la rottura dell’alleanza. Risultato: oggi Di Pietro sarà in piazza al suo fianco. Capito? Non riesce neanche a divorziare da Tonino. E mentre la gongolante ombra di D’Alema si fa sempre più grande, al Circo Massimo accorrono anche i Verdi, il Psi e l’Udc. Un altro Ulivo. Anzi, un Ulivone. Anzi un’ammucchiata. Comunque vada, sarà un insuccesso.

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