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 IL PARTITO DEMOCRATICO NASCE COMUNISTA Data: 13/04/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Il Partito Democratico nasce comunista
C’è sentore di “doppiezza” togliattiana nel new deal del segretario ds Fassino. Quell’atteggiamento cinicamente opportunista per cui da un lato il Migliore appariva democratico ed occidentale mentre dall’altro continuava a lavorare con tutti i mezzi per la rivoluzione. Oggi l’annuncio del buon Piero di andare in Russia e commemorare gli italiani vittime dei Gulag di Stalin e del Migliore è davvero una tardiva e sfacciata operazione togliattiana. Che sia tardiva glielo ha ricordato ieri il Corriere ed oggi tanti commentatori lo ribadiscono. Che sia sfacciata sta nel senso delle cose.
Cosa spinge infatti Fassino a vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino e del crollo dell’Urss a fare ammenda per quella tragedia se non l’impellente desiderio di purificare la propria storia e portarla candida e senza macchia all’interno del Partito Democratico? Non è forse un’operazione senz’anima e senza convinzione quella che si accinge a fare il segretario dei Ds?
Un’operazione che fa il paio con le recenti esternazioni revisioniste sempre dello stesso Fassino sull’omicidio Moro e sulla possibilità di salvarlo, intavolando una trattativa con le Br e con quella di ieri, l’ultima, sulla rivalutazione di Craxi, come grande protagonista del riformismo socialista. Sostiene dunque Fassino, seguendo i pentimenti del giustizialista Violante, che Craxi merita un posto d’onore nell’Olimpo dei padri nobili del Partito Democratico per la sua capacità di prevedere ed attuare una via riformista e moderna del socialismo europeo.
Una dichiarazione che ha lasciato sorpresi un po’ tutti tanto da far dire a Stefania Craxi, deputato di Forza Italia e figlia del leader socialista, che adesso nel pantheon del Pd mancano solo Totò e Macario per completare l’opera. Ma al di là delle ironie, le recenti dichiarazioni di Fassino meritano un approfondimento politico per capire la strategia del segretario dei Ds alla vigilia del sempre più contestato e problematico scioglimento del proprio partito per confluire del nuovo soggetto politico in comproprietà con la Margherita. L’opposizione della sinistra interna, ormai ad un passo dalla scissione, i mugugni di gran parte dell’elettorato tradizionale e, giusto ieri, il sondaggio catastrofico hanno fatto capire a Fassino che la strada verso il Pd è ardua e rischia di fallire miseramente.
Ecco allora la strategia dei contenuti del nuovo soggetto politico che deve essere moderno, riformista, purificato da passati scomodi, laico e che deve mantenere un legame forte con la tradizione socialista e riformista della sinistra italiana.
Di questa strategia fa parte il ripescaggio strumentale di Craxi, che dopo essere stato politicamente distrutto con la complicità di settori contigui della magistratura ai tempi di Tangentopoli, adesso serve a controbilanciare verso sinistra l’asse del nuovo partito che altrimenti penderebbe molto di più verso il centro cattolico. Ecco la condanna dei gulag per recidere totalmente un legame con il proprio passato, viste le chiare e pesanti responsabilità di Togliatti. Nulla sappiamo dell’efficacia interna di queste operazioni, già discutibili all’annuncio. Sappiamo invece che, oltre ad essere maledettamente tardi, per i postcomunisti è davvero difficile liberarsi da un’eredità mostruosa fatta di sangue e tragedie e di errori politici che hanno pesato, e non poco, nella storia italiana (la mente torna ad Aldo Moro e alla berlingueriana “fermezza”).
Sono giorni difficili per loro e per il loro futuro che si annuncia nebuloso e confusionario. La storia li ha condannati da tempo, gli elettori decodificano questi tentativi di riabilitarsi come mezzucci per restare a galla, i sondaggi confermano una profonda disaffezione verso gli ex pci. Il cabaret di Fassino non fa ridere nessuno.

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