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 PIU' OPPOSIZIONE, MENO ESAGERAZIONE, editoriale di Maurizio Belpietro Data: 06/11/2008
Appertiene alla sezione: [ Opinione ]
In un paese normale l’opposizione deve fare il proprio mestiere, che è quello di opporsi. Nulla da eccepire, dunque, se a un provvedimento della maggioranza che ritiene sbagliato la minoranza si contrappone, né che di fronte a un decreto del governo giudicato iniquo scenda in piazza. Fa parte delle regole del gioco, anzi della democrazia. Il problema è semmai di toni, di misura. Si può contestare una legge e magari anche tentare di migliorarla, ma c’è bisogno di descriverla ogni volta come una calamità nazionale? Bisogna sempre dire che distruggerà il nostro modo di vivere e che getterà sul lastrico decine di migliaia di persone?
Se ci badate negli ultimi anni di fronte alle misure di questo o quel governo (il problema dell’opposizione catastrofista è infatti bipartisan) sono stati preannunciati disastri di ogni tipo: sia nella sanità sia nella giustizia. A distanza di anni possiamo dire che non tutte le leggi erano perfette e probabilmente anche che qualcuna era sbagliata, ma nessuna ha portato alla chiusura degli ospedali, né al blocco dei processi.
Purtroppo, nella rincorsa a caricare i toni e a esagerare, a farne le spese è soprattutto l’informazione. Attenzione: non intendo i giornali, ma la corretta informazione, quella che dovrebbe consentire a tutti noi di capire davvero cosa sta succedendo, senza esagerazioni, senza falsità, senza manipolazioni.
Prendete il caso della scuola. In questi giorni si è giunti a ipotizzare la chiusura delle università, la fine della ricerca, la liquidazione della scuola pubblica e decine di migliaia di licenziamenti. L’Unità ha perfino lanciato appelli contro la riduzione degli insegnanti di sostegno per i bambini disabili. Eppure, il governo non si è mai sognato di ridurre il numero di maestri e professori che seguono i bimbi che hanno qualche difficoltà. Anzi, è stato perfino criticato per non averlo fatto.
Massimo Bordignon e Daniele Checchi, due esperti del settore che scrivono per LaVoce.info e che pure sono contrari alla riforma del centrodestra, annotano che il ministro non ha avuto il coraggio di affrontare il problema, segnalando che gli insegnanti di sostegno sono l’unica categoria cresciuta incessantemente negli ultimi 10 anni, ma soprattutto che la loro distribuzione è sospetta, perché «lo stesso numero di studenti produce il 50 per cento di insegnanti di sostegno in più al Sud rispetto al Nord».
Anche Walter Veltroni non si è sottratto al gioco di profetizzare sventure, spingendosi ad annunciare 150 mila insegnanti licenziati, quando in realtà i provvedimenti governativi si limitano a bloccare il turnover, ovvero a impedire nuove assunzioni di docenti nei prossimi anni.
Il caso più clamoroso però riguarda l’università. Per giorni si è dato a intendere a tutti che i tagli avrebbero provocato la chiusura di alcune facoltà, la fine della ricerca, migliaia di studenti senza futuro. Francesco Giavazzi, che è un professore dell’Università Bocconi e certamente non un fan dell’attuale governo, ha provato a spiegare sul Corriere della sera che il taglio ai fondi dell’università non è drammatico («si parte da tagli quasi nulli nel 2009 per raggiungere la media del 3 per cento nell’arco di un quinquennio»), suggerendo anche come gli atenei potrebbero risparmiare, ma nessuno è stato a sentirlo.
Non voglio dire che l’opposizione fabbrica bugie, ma certo le esasperazioni sono diventate uno strumento caratteristico della nostra vita politica. Anzi, se fossi un politologo studierei il fenomeno. Sono certo che ne vedremmo delle belle. O delle balle. l
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