Occorre farsene una ragione, a destra come a sinistra. Barack Obama è americano, non è nero. Come americani e non neri sono Colin Powell e Condoleezza Rice, i due segretari di Stato di George W. Bush.
E’ americano, e per questo ha potuto vincere le resistenze dell’apparato di partito, come ha fatto McCain sull’altro versante, e candidarsi alla guida del paese. E’ americano perché la sua ascesa politica verso la presidenza è iniziata quando nel 2004 ha incantato la platea della convention democratica di Boston raccontando la sua favola di ragazzo intelligente che, grazie ad un sistema che riconosce il merito, aveva potuto superare le traversie di una vita familiare e di una condizione sociale complicata. Naturalmente non disse sistema, disse sogno, speranza, fiducia, ma serve usare questa parola per ricordarne l’uso che tanti convertiti ne hanno fatto fino a poco tempo fa.
Che sia americano, e non ad esempio italiano, ce l’ha ricordato ieri il leader della Lega e ministro della Repubblica Umberto Bossi, dicendo (leggo sulla Stampa, non ho visto smentite) che in Italia un nero non diventerà mai presidente del Consiglio. Nella Lega infatti c’è una doppiezza strutturale. La macchina ha un motore federalista, liberista, modernizzante, ma, visto che siamo in Italia, il carburante che la muove è di tutt’altra natura. La “razza padana”, che questa benzina produce, è radicalmente italiana, e perciò del tutto simile alla razza napoletana, quando Napoli si fa razza. Solo più furba. Se l’italiano medio lucra sul vittimismo, e concede di conseguenza, in grazia della rassegnazione (che lo precede anche se ne appare conseguenza), dignità di destino alla corruzione, al clientelismo, all’assistenzialismo, alle camorre di prima seconda e terza classe, la razza napoletana trova il suo specifico nello speculare sul vittimismo dei poveri. Quella padana sul vittimismo dei ricchi, che è un’arte più sofisticata.
Per questo Obama ha fatto bene a non nascere né a Bordighera né a Scampia, e a diventare così il presidente degli Stati Uniti.
E visto che dal 20 gennaio prossimo sarà alla guida dell’Impero, è bene ce lo facciamo piacere o dispiacere per quello che è e per quello che sarà: americano perché è stato eletto presidente, amerikano da quando inizierà il suo mandato. (Marco Taradash)