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 TREMONTI: AIUTEREMO LE FAMIGLIE E LE I PRESE Data: 11/11/2008
Appertiene alla sezione: [ Politica Nazionale ]
Proponiamo l’intervento di Giulio Tremonti, MINISTRO DELL'ECONOMIA, svolto alla Camera dei deputati l’11 novembre 2008, durante la discussione della legge Finanziaria.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’azione di politica economica del Governo si è sviluppata e si sta sviluppando, in questi sei mesi, su tre piani: sul piano della stabilizzazione triennale del bilancio pubblico; sul piano della tutela del risparmio; sul piano del sostegno alle imprese e alle famiglie. È stato, ed è, uno sviluppo basato su una visione di insieme che noi valutiamo sistematica ed organica. Forse vi è qualche asimmetria informativa: vi è una parte che ritiene di aver visto tutto giusto e da subito, mentre noi non avremmo visto tutto giusto e da subito, e vi è una parte che ritiene che sia stato visto abbastanza giusto, ma non fatto tutto il possibile. Ci permettiamo di manifestare un qualche dissenso rispetto a questo criterio di valutazione.

La legge finanziaria per il triennio è basata sul presupposto di una crisi in arrivo e in intensificazione. Già in quest’Aula abbiamo fatto notare, in tante forme, quanto sia stata ragionevole la scelta di anticipare la finanziaria e di stabilizzarla su tre anni rispetto a una crisi in arrivo. Lo scenario di una crisi con la finanziaria aperta, forse, sarebbe stato avverso al Paese. Lo spirito con cui stiamo ora qui votando e valutando la finanziaria è uno spirito costruttivo che, mi pare, in qualche modo, anticipa e traguarda quella che potrebbe essere, per la prossima sessione di bilancio, una corretta sessione di bilancio, come se già noi, qui, stessimo realizzando una riforma della legge di bilancio e finanziaria. È in questa logica che il Governo ha non solo fatto propri contributi importanti venuti dalla discussione in Commissione, ma ha anche fatto propri, nei limiti della compatibilità, alcuni elementi di proposta provenienti dall’opposizione. In particolare, mi riferisco alla clausola di restituzione fiscale sul 2009, basata sul principio di precauzione dell’effettiva disponibilità di risorse oltre quelle stimate e sulle procedure di definizione del contratto del pubblico impiego.

Sul secondo piano, quello del risparmio, il Governo ha agito con il decreto-legge n. 155 del 2008, attualmente in discussione in questo ramo del Parlamento. È un provvedimento già illustrato in quest’Aula, basato sul criterio della tutela del risparmio come bene costituzionale. È stato notato: è un provvedimento a favore delle banche. È assolutamente l’opposto: è un provvedimento a favore del risparmio nel caso che le banche non integrino, in pieno, il principio e il criterio costituzionale che identifica, nel risparmio popolare, un bene pubblico. È stato detto alternativamente: avete dato i soldi alle banche, oppure: non c’è un euro. Sono sbagliate entrambe le prospettazioni. Ripeto: non è un finanziamento alle banche ma è, semplicemente, una garanzia per il risparmio. È vero che le banche non prendono un euro, ma proprio per il fatto che noi assumiamo che il presidio, la precauzione e la prevenzione siano l’essenza stessa di quel provvedimento.
Il terzo piano è quello del sostegno all’economia. Io credo che sia stata non sufficientemente valutata la parte della legge finanziaria relativa all’economia reale, come se la legge finanziariae il decreto-legge n. 112 del 2008 fossero relativi solo ai conti pubblici. In realtà non è così. Nel decreto e nei collegati c’è una notevole serie di provvedimenti, ordinati in una logica di riforma strutturale e riferiti all’economia reale: dalla concentrazione dei fondi europei, alla banda larga, alla riforma del processo civile, a un ampio catalogo di semplificazioni, fino al nucleare. Mi permetto di far notare che se non è un intervento di modernizzazione del reparto produttivo e dell’economia reale il nucleare, allora noi abbiamo qualche difficoltà a capire cosa sono gli interventi per l’economia reale.

In ogni caso riteniamo, ed era ben previsto, che sia necessario e possibile andare un po’ oltre quei provvedimenti. È stato fatto notare, da più parti, anche in questa sede, nei giorni scorsi, che è troppo tardi. Mi permetto di far notare che non è troppo tardi, è il tempo giusto. Come il provvedimento sul risparmio è stato adottato in coerenza con le scelte di politica fatte dai nostri partner europei, così sarà per il provvedimento che stiamo studiando a sostegno dell’economia reale e delle famiglie. La data di riferimento è quella dell’Ecofin, la data di riferimento è quella dell’Eurogruppo, che si sono tenuti al principio della settimana scorsa. È da allora che i Governi europei hanno acquisito dei dati condivisi di economia reale e di struttura dei bilanci. Senza la condivisione di quei dati non sarebbe stato possibile fare scelte di politica economica, e non è un limite del Governo italiano: nessun Governo europeo ha adottato provvedimenti finora perché tutti hanno aspettato il passaggio dell’Eurogruppo e dell’Ecofin. Solo a partire dalla metà della settimana scorsa sono stati annunciati pacchetti, interventi, blocchi di provvedimenti nei Paesi europei più significativi, ed è esattamente quello che faremo noi: non sarebbe stato opportuno, saggio, ragionevole agire in anticipo e in assenza di dati condivisi.

I dati definiti e condivisi in sede europea vedono, per il nostro Paese, una proiezione di deficit per il 2008 al 2,5 per cento, per il 2009 al 2,6 e per il 2010 al 2,1; per la Francia un deficit del 3 per cento per il 2008, del 3,5 per il 2009 e del 3,8 nel 2010; per l’Inghilterra un deficit del 4,2 per il 2008, del 5,6 per il 2009 e del 6,5 per il 2010; per la Spagna un deficit dell’1,6 per il 2008, del 2, 9 per il 2009 e del 3,2 per il 2010.
Per la Germania, invece, un deficit pari a zero, e quindi il pareggio di bilancio, per il 2008, lo 0,2, quindi un lieve deficit, per il 2009, lo 0,5 per il 2010. I differenziali di deficit sono funzioni dei differenziali di politiche fatte in questi anni nei vari Paesi e sono la proiezione sul futuro. Per l’area dell’euro la media del deficit è 1,3 per il 2008, 1,8 per il 2009 e 2 per cento per il 2010. Molti Paesi sono in area di deficit eccessivo; in base a questi dati non è questa l’ipotesi avanzata per l’Italia (ripeto: il 2,5, il 2,6, il 2,1; sono tutti valori sotto il 3 per cento).
Le scelte di politica economica non dipendono solo dai deficit previsti; naturalmente questi sono numeri di previsione e di proiezione, e in tempi caratterizzati da un’altissima variabilità dell’economia e degli andamenti dell’economia anche le previsioni e le proiezioni hanno un valore relativamente poco significativo, o non significativo come era anni fa. La grandezza per noi più significativa, comunque, non è quella rappresentata dal deficit, ma dal debito, essendo quest’ultimo la variabile critica più particolare per il nostro Paese.

Mi permetto, inoltre, di far notare un dato che è meno critico del debito italiano, ed è la crescita: per anni l’Italia è cresciuta meno degli altri Paesi, nella proiezione dal 2008 in avanti è caduto il differenziale di crescita dell’Italia. Evidentemente sono anni di crescita negativa, ma è rimosso - come era in periodi di crescita positiva, così non lo è più in un periodo di crescita negativa - il differenziale di crescitaAlla base di questo dato nuovo vi è, probabilmente, l’evidenza in ordine al fatto che la crescita di molti Paesi, nostri competitori o, comunque, comparati con noi, era finanziata dal debito privato ed era quest’ultimo e i plusvalori immobiliari che determinavano quel differenziale del PIL, più ampio negli altri Paesi e più ridotto nel nostro. Venuto meno il differenziale costituito da un eccesso di debito privato e di plusvalori immobiliari, i nostri dati si sono, in prospettiva, allineati rispetto a quelli degli altri Paesi. Immagino l’obiezione, a questo punto, che sarà avanzata: essi si sono allineati su un’ipotesi di non crescita - è vero - ma, comunque, si sono allineati. Si tratta di un dato che è oggetto di forte attenzione politica e tecnica negli altri Paesi. In questa sede immagino che sarà oggetto di attenzione polemica ma, in realtà, è un dato su cui possiamo riflettere con prospettive di fiducia per il nostro Paese. In base a questi dati e alle immagini che possiamo assumere, fermo comunque il nostro impegno a non violare gli impegni assunti in sede di applicazione del Patto di stabilità e di crescita e ferma la fondamentale attenzione che riserviamo al debito pubblico italiano, pensiamo che sia possibile varare un provvedimento di sostegno all’economia, alle imprese e alle famiglie, che non alteri i saldi di finanza pubblica: un provvedimento che sarà organizzato - non è ancora definito nei contenuti specifici - su alcune linee essenziali; la prima linea essenziale è quella della domanda pubblica.

Infatti, nutriamo la forte convinzione che la crescita dipenda soprattutto dalla domanda pubblica, in particolare dalla domanda pubblica europea: tale considerazione ci riporta alle proposte presentate dal Governo italiano nel semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea nel 2003, circa l’emissione di eurobond per finanziare le infrastrutture europee e circa l’alternativa, sempre presentata dal Governo italiano e non eliminata (o non considerata come la precedente), di utilizzare la Banca europea degli investimenti, in rete con le Casse depositi e prestiti, per finanziare la domanda pubblica europea. In Italia si prevede, nei prossimi giorni, lo sblocco da parte del CIPE di uno stock di investimenti di circa 16 miliardi dieuro, un meccanismo di strutturazione delle tariffe che faccia ripartire gli investimenti per le autostrade (subordinando, una volta tanto, le tariffe all’effettività degli investimenti e non l’una variabile indipendente dall’altra: anche questa misura è in grado di mobilitare una massa di investimenti molto elevata) e l’utilizzo, attivo e non passivo, della Cassa depositi e prestiti, a partire dal piano casa. Inoltre, stiamo studiando provvedimenti a favore delle imprese, a partire dal loro finanziamento. Credo sia fondamentale chiarire che non abbiamo la minima intenzione di aiutare le banche, pur avendo la massima attenzione al finanziamento alle imprese. Se un meccanismo sarà attivato, si tratterà di un canale di finanziamento rivolto alle imprese, non alle banche. Si tratterà di un fondo finalizzato alle imprese, seppur passando attraverso le banche.

Il funzionamento di quel meccanismo sarà monitorato e segnalato all’attenzione del Parlamento, secondo le scadenze che riterremo in questa sede ragionevoli. Fondamentalmente, dovrà essere il sistema bancario a chiedere e il Parlamento a disporre, attraverso l’adozione di una norma che sarà assolutamente bipartisan, in grado di assicurare la massima trasparenza e la subordinazione dell’acquisizione dei fondi all’applicazione, da parte delle banche, di un codice etico. Altri provvedimenti, come l’IVA di cassa, che facevano parte del nostro programma, sono in fase di studio e sono subordinati naturalmente all’approvazione europea, che pure riteniamo ragionevolmente accessibile, insieme ad altri provvedimenti che stiamo studiando. Per quanto riguarda il capitale sociale o umano, già nella legge finanziaria, con un emendamento, è potenziato il Fondo degli ammortizzatori sociali ed intendiamo integrare con altri fondi gli strumenti di assistenza in un anno che non si prevede positivo.

Per quanto riguarda le famiglie, stiamo studiando provvedimenti che riducano, nei limiti del possibile, lo stress, l’angoscia e le difficoltà causate dalla crisi economica. Lo faremo - lo ripeto - non «a deficit» o sfondando i criteri di deficit, perché sarebbe in questi termini una soluzione non solo illusoria, ma perversa, perché il conto, in termini di maggiore interesse, sarebbe ancora girato alle fasce più deboli della popolazione. Quello che possiamo dire è che faremo tutto il possibile e nel modo più giusto possibile.Per finire, sappiamo bene che c’è la crisi: forse lo sappiamo perché l’avevamo prevista, certamente lo sappiamo perché l’abbiamo considerata nel programma e abbiamo seguito la tempistica possibile e corretta in perfetto allineamento con gli altri Paesi europei; tuttavia, se sappiamo che c’è la crisi, non siamo quelli che fanno il tifo per la crisi. Noi, comunque, siamo convinti del fatto che si deve avere, nella prospettiva, anche un elemento di speranza e abbiamo speranza perché abbiamo fiducia, fiducia nella saggezza delle famiglie italiane, fiducia nella forza dei nostri lavoratori e dei nostri imprenditori

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