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 WALTER "VIDELA" VELTRONI E LA VIGILANZA RAI. Data: 15/11/2008
Appertiene alla sezione: [ Politica Nazionale ]
Walter Veltroni ha perso la testa. Non c' è altra spiegazione possibile alla sua farneticante pretesa che il neoletto presidente della Commissione di Vigilanza debba immediatamente dimettersi. Così come dovrebbe essergli altrimenti chiaro che l'accusa rivolta alla maggioranza di aver commesso un "colpo di mano contro la democrazia", gli si ritorce contro con assoluta evidenza.

Oggi il Parlamento ha eletto a maggioranza assoluta, secondo la più stretta osservanza delle regole e anche delle consuetudini, un esponente dell'opposizione quale presidente della commissione incaricata di sorvegliare il servizio pubblico radiotelevisivo. L'opposizione grida al golpe e accusa Berlusconi di essere un novello Videla, perchè l'eletto non è colui che in virtù di accordi politici ed extra-parlamentari, Veltroni e Di Pietro avevano stabilito.

C'è un profilo istituzionale e uno politico che vanno subito evidenziati.

Per mesi, da alti e altissimi pulpiti istituzionali, si è segnalato il comportamento della maggioranza come irrispettoso del Parlamento e delle sue prerogative perchè non accetando di votare un candidato secco alla presidenza della commissione, ostacolava il buon funzionamento dell'organismo. Così, alla fine, in mancanza di un accordo, la maggioranza parlamentare, con in più due voti dell'opposizione e una scheda bianca, ha legittimamente eletto un presidente, colmando il vuoto istituzionale che si era creato.

Ora il leader dell'opposizione incalzato da Di Pietro esige che quel voto sia nullo. Che il posto torni ad essere vacante fino a quando il Parlamento non chinerà il capo davanti alle loro pretese.

C'è dunque motivo di aspettarsi che un tale comportamento venga condannato da quelle stesse voci che si erano espresse per chiedere un rapido e buon esito della vicenda. Perchè se l'accordo capestro tra Walter e Tonino dovesse valere più di un voto parlamentare il Colle e i vertici delle Camere non potrebbero tacere.

Il Pd e l'Idv ne fanno però una questione tutta politica: evocano precendenti, dicono che mai e poi mai la maggioranza si era rifiutata di eleggere il candidato indicato dall'opposizione. Ma anche qui il ragionamento frana da tutte le parti. C'è un precedente recentissimo e cioè il veto dell'opposizione su Gaetano Pecorella alla Corte Costuzionale che ha infine portato all'elezione di Giuseppe Frigo.

Lo stesso è successo nel 1996 quando l'opposizione di centro-destra indicò Ombretta Fumagalli Carulli alla presidenza della Vigilanza e per un veto della maggioranza venne eletto Francesco Storace. Allora serve una spiegazone: solo i veti della sinistra sono consentiti? Quelli della destra sono "attentati alla democrazia" per definizione?

La vicenda della Commissione di Vigilanza in questa legislatura è tutta fatta di errori e prepotenze da parte dell'opposizione. Fin dall'inizio di Pietro ha preteso dal Pd il sostegno del suo candidato fino alla morte. Per questo Veltroni ha dovuto respingere la richiesta del tutto naturale di presentare una rosa di candidati tra cui la maggioranza potesse scegliere. Se così si fosse fatto la commissione avrebbe avuto il suo presidente sin dalla prima seduta.

Oggi il presidente della Commissione di Vigilanza è stato eletto, è un senatore del Pd, ma con incredibile disprezzo per la democrazia Di Pietro e Veltroni pretendono che si dimetta. L'incredibile è che i due accusano Berlusconi di essere come il dittatore argentino Videla e non si accorgono che con la loro pretesa trasformano il Parlamento in un teatro di marionette, dove un voto è carta straccia se non corrisponde ai voleri dei burattinai.

Ieri persino Marco Follini aveva ammonito i suoi con rara lungimiranza: "E' ora di mollare Orlando perchè sull'altare della Vigilanza (commissione di rara inutilità) - osserva Follini - il Pd sta dedicando all'alleato più insidioso che abbia la tenacia più vana di cui è capace. Finiremo per non avere né la commissione né l'alleato".

"Domani in Vigilanza - esorta - dobbiamo scegliere. Ammettere un errore politico e corregerlo. Oppure restare aggrappati a quell'errore con una cocciutaggine degna di miglior causa".

Hanno scelto la cocciutaggine e forsa qualcosa di peggio.

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