di Michele Brambilla
«Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri. Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo, perché sentiva la necessità di una morale diversa. Qualcuno era comunista perché... era come due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana, e dall’altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo, per cambiare veramente la vita». Ieri qualcuno ha scoperto di essere stato comunista per aspettare il giorno del trionfo non della classe operaia, ma di Vladimir Luxuria all’Isola dei Famosi.
Qualcuno è stato comunista per leggere su Liberazione, «giornale comunista », il titolo in prima pagina «Forza Vladimir, hai vinto tu», e poi parole come queste: «Ha fatto diventare la sua scelta di vita come una bandiera di libertà. (...). Luxuria, partecipando e trionfando all’Isola, ha spiegato a milioni emilioni di italiani che la realtà è diversa e che anche questa realtà deve godere degli stessi diritti della presunta maggioranza. Vladimir come Obama? È un po’ esagerato, ma fatecelo dire».
Qualcuno era comunista, diceva ancora Gaber nel suo celebre monologo, «perché vedeva la Russia come una promessa». Ieri ero a Bologna, città che amo come un sogno di giovinezza, e mi sono sorpreso nel vedere che c’è ancora una via Yuri Gagarin. Il 12 aprile del1961 fu il primo essere umano ad aver esplorato lo spazio; fu il simbolo dell’umanità nuova, un mito di progresso, l’avanguardia degli oppressi finalmente liberati. Dev’essere davvero beffardo, il destino, se ha voluto che alla fine l’unica vittoria del comunismo portasse comunque il nome di un russo: che però è quello di un foggiano che si chiamava Vladimiro, e ora si fa chiamare Vladimir.
«Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio»: ma ieri si è scoperto che perfino Gramsci non era poi così ateo, ed è morto baciando un’immaginetta di Gesù Bambino. Che giornata nera, per chi è stato comunista. Nemmeno noi, che comunisti non lo siamo stati mai, ci sentiamo di fare i maramaldi. Il comunismo lo abbiamo avversato: ma anche ritenuto una cosa seria. Era stato un sogno per milioni di operai e contadini curvi sulle loro fatiche. «Ormai il sogno si è rattrappito», finiva Gaber, «due miserie in un corpo solo». Quello di un transgender che vince un reality.