di Claudio Borghi
È probabile che nessuno, leggendo le ipotesi degli aiuti all’economia che il governo ha in cantiere, si sia sentito veramente scaldare il cuore. In effetti è difficile pensare che qualche euro di sostegno qui e là possa davvero cambiare la vita. Certo, Prodi avrebbe messo delle tasse addizionali sulla crisi e delle imposte sull’indigenza, quindi non ci si può lamentare, però magari qualcosa di più si poteva fare. Ebbene, i governi possono sempre fare qualcosa di più, ma anche i cittadini devono essere realisti e uno sforzo spetta anche loro, basta poco, questa volta non si richiede nessuna tassa addizionale, semplicemente un minimo di pensiero positivo, gratis. Eppure di motivi per essere ottimisti ce ne sarebbero, e non pochi. Tanto per cominciare va detto che siamo ormai quasi certamente in una rarissima crisi deflattiva, vale a dire in una situazione in cui il rallentamento economico globale e la riduzione del denaro, che veniva artificialmente moltiplicato dall’«economia di carta», provoca un ribasso generalizzato di molti prezzi: il petrolio costa di meno, i prezzi delle case scendono, magari di poco ma scendono, i negozi concedono più facilmente sconti e promozioni e così via. Per un paese di servizi, finanza e redditi variabili come ad esempio l’Inghilterra è un problema grave ma per noi potrebbe non esserlo: vediamo perché. In Italia una larga parte della popolazione è a stipendio fisso: per pensionati, statali, bancari, dipendenti di aziende non in difficoltà, non cambia assolutamente nulla, anzi, il loro potere di acquisto dopo anni di erosione per la prima volta cresce. In uno scenario di deflazione un reddito stabile è la condizione migliore in assoluto, proprio il contrario di quanto avveniva in presenza di inflazione, quindi queste categorie avrebbero di che essere ottimiste: non solo la crisi non le può toccare ma addirittura le favorisce. Anche l’industria produttiva non dovrebbe essere particolarmente in difficoltà: i fatturati possono anche calare in un primo momento, ma non dimentichiamo che il nostro sistema manifatturiero si era preparato per essere competitivo con un cambio euro/dollaro molto più basso dell’attuale e costi delle materie prime assai più elevati, quindi i margini di manovra si sono ampliati per le imprese produttrici/esportatrici in modo insperato. La deflazione poi, in genere, penalizza i debitori, ma il livello di debito in Italia è strutturalmente basso e, anche per chi ha contratto un mutuo a tasso variabile le novità potrebbero essere positive: il tasso di sconto è calato velocemente e dovrebbe calare ancora, ciò dovrebbe presto riflettersi positivamente sulle rate del mutuo, man mano che le azioni coordinate a sostegno delle banche riusciranno a far calare il tasso interbancario di riferimento.
Un rallentamento dell’edilizia dovrebbe essere compensato dall’avvio di opere pubbliche e grandi lavori.
Non dimentichiamo poi che le crisi non durano in eterno, l’attuale è cominciata un anno e mezzo fa, quindi è probabile che il peggio sia alle nostre spalle: si tratta quindi di un periodo in cui non si esclude che si possano fare veramente affari d’oro scommettendo sulla ripresa che non può essere lontana.
Quindi, invece di aspettare la mano salvifica dello Stato, conviene che ognuno di noi si guardi allo specchio e con la massima sincerità si domandi se questa crisi sia un rischio o un’opportunità: è probabile che l’Italia possa uscirne molto meglio di quanto usualmente accadeva, basta scuotersi e affrontare il futuro con ottimismo: i migliori investimenti sono sempre stati fatti da chi ha saputo andare controcorrente.