La reazione di Veltroni alla sconfitta abruzzese va vista da vicino perchè illustra bene lo stato confusionale del Pd. L'analisi del segretario ha avuto il seguente andamento: 1) Era un risultato prevedibile; 2) la colpa è dell'astensione; 3) la colpa è di Di Pietro; 4) c'è malessere anche nei nostri confronti; 5) comunque Berlusconi deve tacere.
Se questo è il livello che il Pd ritiene sufficiente a spiegare la sua attuale fase di difficoltà politica e elettorale, la maggioranza può stare tranquilla non solo alle europee ma anche per varie legislature a venire.
La cosa forse più significativa è il richiamo all'astensione come causa dei mali del centro-sinistra abbruzzese. Che poi è anche il solito modo per riversare sugli elettori svogliati e disattenti la colpa dei propri errori politici. Sarebbe invece da notare molto più semplicemente che il raffronto con l'affluenza dell'ultima tornata elettorale spiega poco: allora si era nel mese di giugno, oggi siamo a dicembre con buona parte della regione coperta di neve e bloccata dal maltempo. In più queste elezioni si tengono dopo un rinvio (si doveva votare il 30 novembre) e arrivano così a ridosso di Natale e molti di quelli che vivono fuori dall'Abruzzo non sono tornati per votare.
Quanto a Di Pietro, il leader dell'Idv ha fatto bene il suo mestiere, ha preso un sacco di voti e ha portato il candidato del centro-sinistra quasi a ridosso del vincitore. Gettargli la croce addosso oggi ha poco senso, quando tutti nel Pd erano stati d'accordo sulla scelta del dipietrista Costantini come candidato.
Infine il ritornello "Berlusconi deve tacere" che Veltroni intona dopo ogni arresto o incriminazione di esponenti del Pd dovrebbe essere oggetto di qualche riflessione. Anche perchè se il ritmo degli arresti - è di ieri quello del sindaco di Pescara, D'Alfonso - continua ad essere questo, il rischio è di pretendere da Berlusconi un silenzio quotidiano.
Insomma Veltroni e il Pd sembrano rassegnati a perdere e invece inpegnati in una eterna resa dei conti intestina. Forse dovrebbero ripensare l'espulsione di Villari dal partito, almeno lui l'elezione a presidente della Comissione di Vigilanza l'aveva vinta.