di Vittorio Sgarbi
Vespa no. Perché no? Perché è Vespa. Igiornalichefannoopinione,in particolare La Repubblica, amplificano l’interrogazione annunciata da Manuela Ghizzoni capogruppo del Pd nella Commissione cultura della Camera, che dichiara: «La nomina di Bruno Vespa nel cda dell’Opera di Roma lascia stupiti ».
Vincenzo Cerami, ministro ombra non può tacere: «La scelta di Vespa per sostituire Ennio Morricone è inquietante». E, per un ruolo che, per sua stessa ammissione, Morricone ha sistematicamente disertato («nel maggio 2007 il ministro Francesco Rutelli firmò il mio decreto di nomina quando mi trovato all’estero. Mi sembrava scorretto sottrarmi. Andai alla prima seduta del consiglio e dissi: “Guardate, io ho una mia professione, non posso occuparmi di tutto questo, non verrò mai più”.
Lasciai e prima della fine della seduta, informai della mia scelta il sindaco Walter Veltroni e davvero non tornai mai più. Nessuno ebbe da ridire») Curzio Maltese evoca minacciosamente la solita, ridicola incompatibilità: «A questo punto è chiaro che Bruno Vespa, ricevuta la nomina politica di una parte, non può rimanere alla conduzione del principale salotto politico della Tv pubblica».
Penosi, ridicoli argomenti, Vespa ha il solo difetto di essere un noto e apprezzato professionista televisivo che dovrebbe essere inadatto a sedere in un consiglio di amministrazione solo perché noto,mentre chiunque altro nominato da destra o sinistra non solleva scalpore soltanto perché meno conosciuto, ma non più competente. E che c’entra la competenza conunconsiglio di amministrazione? Quali competenze hanno per stare o essere stati nel consiglio della Rai Giuliano Urbani o Marco Staderini o Claudio Dematté o Tullio Gregori o Pierluigi Celli o Flavio Cattaneo? E la Moratti presidente e Baldassarre presidente e Zaccaria presidente?
Forse la richiesta di competenza è evocata soltanto per i consigli di amministrazione di istituzioni musicali. E allora cosa fanno Franca Coin alla Fenice di Venezia, o Francesco Micheli, Fiorenzo Tagliabue e Bruno Ermolli alla Scala? Ecco, Bruno Ermolli, non particolarmente melomane, non avvocato imprenditore, ma persona versatile e capace che, nel tempo della crisi della Scala, ebbe l’idea di chiamare il sovrintendente Lissner. Non so quali siano le sue specialità ma credo che abbia anche la presidenza della Camera di Commercio e sta nel consiglio di amministrazione della Scala come apprezzato ed operoso vicepresidente.
Perché Vespa non può avere gli stessi requisiti? Perché la fama si incolla a una sola funzione? Quali sono le ragioni per cui alcuni uomini devono sempre trovare una sistemazione in qualche consiglio di amministrazione o comitato, o presidenza come per diritto divino? In generale la sinistra sembra non lasciare mai senza un premio di consolazione i suoi quadri dirigenti. C’è sempre un consiglio di amministrazione da presiedere o di cui essere membri per Giuliano Amato, per Vittorio Ripa di Meana, per Stefano Rodotà, per Francesco Paolo Casavola, per Piero Alberto Capotosti. Questi proprio non possono stare a casa. Sono risorse della nazione. Perfetti per l’Opera di Roma come per qualunque altra istituzione. Vespa no. Perché no? Perché è Vespa.