Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica
I documenti sono due. Identici. Tranne tre piccoli particolari: una cifra, una firma, il mittente del fax. Uno dei due documenti è falso. E non è roba da poco. Stiamo parlando di una lettera d’incarico firmata da Antonio Di Pietro e Silvana Mura depositata agli atti di un procedimento aperto a Brescia dopo il trasferimento dalla capitale del fascicolo per la gestione delle finanze del partito. Un’inchiesta aperta dalla procura di Roma (che ha poi archiviato) su esposto dell’ex fondatore dell’Idv Mario Di Domenico.
È il giallo del bianchetto. Ma andiamo con ordine. In quel documento, datato 18 ottobre 2002, Di Pietro offre alla sua tesoriera Silvana Mura una «collaborazione tecnica professionale», a fronte della quale mette sul tavolo un’offerta economica. La lettera finisce agli atti in quanto il leader dell’Idv non aveva il potere di procedere autonomamente con la proposta di «assunzione». E così l’allora segretario dell’Italia dei valori, che era Di Domenico, provvede ad allegare all’esposto anche questa lettera. La sua contestazione non riguarda il reato di falso, la duplicazione è ancora di là da venire. Ma all’avvocato non va giù proprio l’essere stato «scavalcato» in questa decisione, della quale Di Pietro l’aveva tenuto all’oscuro: il suo nome infatti manca anche dall’elenco di quanti hanno ricevuto la missiva di incarico alla Mura «per conoscenza».
Secondo Di Domenico, Di Pietro non poteva affidare quella collaborazione alla Mura perché, siamo nel 2002, il leader Idv non aveva ancora ricevuto l’ampio mandato assegnatogli dall’articolo 16 dello statuto del partito (approvato solo a novembre del 2003) che, in pratica, gli concederà pieni poteri. A farla breve, all’epoca l’ex pm quella lettera non avrebbe potuto firmarla, non avendone peraltro preventivamente informato il suo cofondatore e socio nell’associazione ristretta.
Torniamo alla lettera. E alla più importante delle tre differenze. Ossia l’importo dell’incarico. Trentaseimila euro, recita la prima copia. Tremila euro l’anno è la cifra riportata sulla seconda. Il giallo è tutto qui, come potete vedere dai documenti processuali riprodotti qui sopra. Agli atti finiscono infatti due copie identiche di quella lettera d’incarico con le due cifre differenti per la stessa collaborazione. L’ammontare, in entrambi i documenti, è scritto a mano. Le lettere portano in calce le firme di Tonino e della tesoriera «per accettazione». Ma mentre quella di Di Pietro è sovrapponibile, anche se un difetto del fax la dilata leggermente, quella della Mura invece è differente, evidentemente perché apposta in un momento diverso. Altro dettaglio interessante che distingue le due copie del documento è la stampata del mittente del fax: quella da 36mila euro proviene da Italia dei valori. L’altra da un mittente di cui si legge il cognome: Mazzoleni. Lo stesso della moglie di Antonio Di Pietro.
Stando a quanto risulta al Giornale, su quella contestazione originaria la procura di Roma avrebbe glissato, ritenendo inutile indagare nel merito dell’ambito dei poteri di Di Pietro nell’Idv a ottobre 2002 di fronte a una cifra così esigua, tremila euro lordi annui. Ma così facendo ha trascurato l’evidenza, presente agli atti, di un falso documentale. Quelle due copie hanno due origini certe: una è quella da 36mila euro che risulta spedita da un fax intestato all’Italia dei valori, e l’ha prodotta Di Domenico. L’altra, da 3.000 euro, e proveniente da un fax «targato» Mazzoleni, è finita nel fascicolo presumibilmente perché consegnata da Di Pietro ai magistrati romani.
Una delle due è falsa. Quale dovrebbero dirlo i magistrati. E non è chiaro perché la procura capitolina non abbia mai proceduto al più semplice degli accertamenti per tagliare la testa al toro, esaminando i movimenti bancari in entrata di Silvana Mura tra il novembre 2002 e il novembre 2003, prima annualità in cui la collaborazione era in vigore. Bastava infatti verificare se la tesoriera dell’Idv quell’anno ha percepito 36mila euro o tremila per capire quale delle due lettere sia quella vera.
Sull’interrogativo rimasto insoluto finora, sta intanto lavorando la procura di Brescia, come detto investita del procedimento romano dopo l’autodenuncia per calunnia dell’ex socio e amico di Di Pietro, Mario Di Domenico.
Intanto, l’ex pm non ha ancora risposto ai dubbi sollevati sul nuovo statuto da Francesco Paola, legale degli ex alleati di Di Pietro (Occhetto, Chiesa e Veltri) alle elezioni europee del 2004. Con chi è andato dal notaio di Bergamo Tonino? E a che titolo uno o più soci dell’«associazione Idv» potevano modificare lo statuto del «partito Idv»? Aveva con sé una delega dell’assemblea? E come mai sulla copia del nuovo statuto, postata sul sito web di Di Pietro, manca il numero di repertorio dell’atto notarile di cui lo statuto stesso è solo un allegato? Secondo l’avvocato del «Cantiere», per capire di più serve proprio l’atto notarile. Quello che Di Pietro non ha ancora pubblicato.