Sette volte presidente del Consiglio in Italia, parlamentare tra Montecitorio e Palazzo Madama fin dall'Assemblea Costituente, svariate volte ministro, il senatore a vita Giulio Andreotti compie 90 anni. E' il politico italiano per antonomasia. Il suo "regno" tra gli scranni del Parlamento è più longevo di quello della Regina Elisabetta.
Belzebù, Divo Giulio, l'Indecifrabile, l'Ultimo dei Mandarini, Zio Giulio, Andreotti è stato soprannominato secondo molteplici declinazioni in cinquant'anni di vita repubblicana, vissuti da protagonista, ma con ombre che si sono proiettate sinistre, non solo durante l'attività di governo esercitata. Dire "E' colpa di Andreotti" per qualunque evento nefasto è stato a lungo un tormentone sulle labbra degli italiani.
Figura politica complessa e per molti ambigua, al tempo stesso affascinante e affabulatoria, Andreotti fu democristiano fin dai tempi di Alcide De Gasperi, anche se Indro Montanelli ebbe a dire: “Quando andavano in chiesa insieme, De Gasperi parlava con Dio, Andreotti col prete”.
Oltre al gusto irrefrenabile per la battuta graffiante e ad effetto, Andreotti rimane circondato dalla fama di essere politico machiavellico e di aver esercitato il potere, con una buona dose di cinismo. Depositario dei segreti di Stato più importanti della prima Repubblica ha di recente manifestato l'intenzione di volerli tenere con sé fino alla fine: "Alcuni di questi segreti me li porterò con me in Paradiso".
Le sue vicende giudiziarie - recentemente riportate in auge nel film Il Divo del regista Paolo Sorrentino - hanno contraddistinto l'ultima parte del suo cursus honorum. In particolare, il reato di associazione per delinquere, contestato dalla procura di Palermo, commesso fino al 1980, andò prescritto come risulta nelle motivazioni della Corte di Cassazione.
Hanno fatto epoca le sue battute mordaci. Eccone un breve campionario: “C'è stato qualcuno che ha cercato di seppellirmi prima. Qualcuno nel frattempo è anche morto e prego per lui”. “Il potere logora chi non ce l'ha”. “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”, “A parte le guerre puniche, mi viene addebitato praticamente di tutto”, "L'umiltà è una virtù stupenda. Ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi". Sono solo alcuni esempi della sua sottile arguzia dialettica di un riferimento assoluto per capire la storia della Prima Repubblica. Una figura unica nello scenario politico internazionale, capace di dividere il consenso del Paese tra chi lo considera un genio della politica e chi il demonio fatto politico.