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 PD: TRA RITIRATE E SGAMBETTI, VELTRONI E D'ALEMA CONDANNATI AL LOGORAMENTO Data: 05/02/2009
Appertiene alla sezione: [ Politica Nazionale ]
Alla fine le stelle sono rimaste a guardare. E Massimo D’Alema – che secondo alcuni avrebbe dovuto sferrare il suo affondo contro Walter Veltroni nell’assemblea del gruppo del Pd chiamata a definire la posizione del partito sullo sbarramento al 4% sulla legge elettorale per le Europee – non solo non ha picchiato ma ha tenuto le mani in tasca e ha evitato lo scontro frontale. E dire che le critiche rivolte all’ euroriforma concertata con il Pdl, nei giorni immediatamente precedenti il redde rationem, erano state dure e circostanziate. Ma nella riunione decisiva il fuoco amico dell’ex premier si è tramutato in un semplice allontanamento al momento del voto, giustificato con l’esigenza di rispettare impegni presi in precedenza.

I commenti dei giornali e degli avversari interni sono pressoché unanimi e spingono sul tasto della débacle, della ritirata strategica attuata per scampare a una sconfitta sicura, della prova di forza che ha fotografato i rapporti di forza interni e ha certificato che la competizione interna esiste soltanto nella fantasia dei commentatori mentre svapora nella realtà. Di certo il giorno dopo tra i colonnelli veltroniani circola grande soddisfazione e molti dicono senza mezzi termini che d’ora in poi, accanto alle discussioni franche e aperte, scenderà in campo il “fattore matematica”, ovvero la messa ai voti delle varie questioni aperte tra le differenti anime del partito. La consapevolezza diffusa è che anche se questa battaglia è stata vinta la guerra sarà ancora lunga. Veltroni è atteso al varco del risultato elettorale europeo, sul quale lui stesso non si fa grandi illusioni. Ma fargli le scarpe, i suoi ne sono convinti, sarà più difficile di quel che si crede. Anche perché il segretario del Pd ha già puntualizzato che alle elezioni europee “si esprime un voto d’opinione” e non un voto politico. Insomma, in caso di insuccesso le dimissioni dello stato maggiore del Pd non sarebbero un evento inevitabile ma soltanto una delle opzioni in campo. E’ di tutta evidenza che una rondine non fa primavera e proprio con i primi caldi il fuoco amico potrebbe riprendere a crepitare con maggiore forza. Ma per ora Veltroni si gode il punto messo a segno attraverso la conta interna e guarda l’orizzonte con maggiore fiducia.

Sull’altro fronte, quello dalemiano, ci si attiene a un basso profilo piuttosto rigoroso e si cerca di spostare l’attenzione sulla politica. Soltanto la Velina Rossa non ci sta a veder descrivere il voto di martedì nell'assemblea dei deputati Pd come una sconfitta di Massimo D'Alema. L'agenzia che ha simpatie per il presidente di Italianieuropei torna sull'argomento della modifica al sistema elettorale per le europee attingendo al repertorio del sarcasmo: "C'è uno sforzo da parte delle trombe di Franceschini e soci di proclamare la fine di Massimo D'Alema - scrive Pasquale Laureto - ma costoro dimenticano che il personaggio, come si dice nel Meridione, ha sette vite come i gatti...". Quindi, dopo aver ribadito che Pier Luigi Bersani potrebbe scendere in campo per la corsa alla segreteria, Velina Rossa lancia una frecciata neppure troppo velata al gruppo dirigente del Pd: "Suggeriamo a Franceschini e ai veltroniani di stare attenti perché il voto di opinione può avere i suoi effetti: l'ultimo sondaggio di ieri dà il Pd al 21,5 per cento. I dirigenti si preoccupino di questo invece di fare roboanti dichiarazioni a Montecitorio".

Di certo ai piani alti del Nazareno non saranno mancati gli scongiuri. Quel che è certo è che dopo il difficile passaggio di martedì, D'Alema vuole ripartire e il dibattito sul federalismo organizzato da Italianieuropei gli ha consentito di inviare i primi segnali. Sul versante della legge elettorale, D’Alema avverte che il varo del federalismo comporta una riforma per le Politiche (tesi su cui Roberto Calderoli si è dice d'accordo) da ritagliare sul modello Germania. Un canale, quello di dialogo con la Lega, che potrebbe consolidarsi nelle prossime settimane. Si vedrà. Quel che è certo è che nel Pd le guerre di successione finiscono sempre per giocarsi per scontri obliqui e incompleti e mai attraverso duelli frontali. Una modalità che rischia di esporre a un lento sfiancamento non solo i logorati ma anche i logoratori. E sottrarre forza e credibilità a tutti i protagonisti in campo.

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