Sono fantasmi che si fanno curare. Vagano da un pronto soccorso a un altro per una febbre alta oppure per un dito rotto. Qualche volta si fanno ricoverare, per partorire un bambino, per una vaccinazione, oppure dopo un trauma o un incidente. Sono fantasmi perché non hanno un lavoro, non hanno un permesso di soggiorno e vivono nel nostro Paese come clandestini. Non sono registrati da nessuna parte ma si fanno curare, gratuitamente. A spese del Servizio sanitario nazionale, che scuce, annualmente, 250 milioni di euro, stando a stime minime. Ma quando si parla di Sanità, non si dice di no a nessuno. E dopo le polemiche legate alla possibilità di denunciare i clandestini da parte dei medici, è importante guardare alle cifre. Che vengono distribuite a pioggia tra le varie Regioni.
Partiamo dal Servizio sanitario nazionale. Per coprire le spese degli irregolari nel 2007 ha stanziato 31 milioni di euro. Questi fondi sono stati distribuiti sulla base del numero degli irregolari presenti sul territorio stimati dalla Caritas. Fondi pubblici ripartiti sulla base della stima di un’associazione, pur importante. Se poi guardiamo i costi, ci accorgiamo che ogni Regione spende molto di più di quanto gli arriva dallo Stato. Al Piemonte, per esempio, viene erogato un contributo di oltre 3 milioni di euro, mentre solo per le gravidanze delle clandestine la Regione spende oltre 4 milioni. Tutte le Regioni sono in profondo rosso in fatto di sanità-fantasma. E il ministero dell’Interno tampona le falle come può, erogando fondi alle Asl che ne fanno richiesta.
Insomma, i conti elaborati su base nazionale sono prudenziali, anzi, sottostimati.
Uno spaccato più affidabile lo offre Milano. Secondo la Direzione generale della Asl, il costo delle prestazioni sanitarie erogate per gli irregolari è di 14,5 milioni di euro per i 37 mila clandestini presenti in città. Nel pronto soccorso dei grandi ospedali si arriva a 23 mila casi assistiti all’anno, con un’incidenza di 628 ogni mille irregolari. In pratica, questi pazienti si presentano in ospedale anche per patologie semplici che non possono essere curate dal medico di famiglia. Basti pensare che gli interventi al pronto soccorso dei milanesi sono di gran lunga minori: 549 su 1000 abitanti. Anche i ricoveri sono più frequenti rispetto agli italiani: 51 su mille per i clandestini, 30 su 1000 i milanesi. Le prestazioni ambulatoriali si assestano attorno alle 25 mila annue.
Ma chi paga questi servizi alla Asl di Milano? La torta viene così divisa: il ministero degli Interni copre 7,5 milioni di euro, il rimanente resta a carico del Ssn. Insomma, Milano spende 391 euro per mantenere in salute ogni irregolare. Se questa cifra viene moltiplicata per 651 mila (i clandestini presenti nella penisola secondo l’Ismu), la spesa complessiva che si accolla la collettività supera i 254 milioni di euro. Ma ci sono stime secondo cui gli immigrati sono il doppio.
E a questa sommetta vanno sommate le spese sanitarie per romeni e bulgari. Loro, ormai, sono cittadini comunitari e non rientrano più nella categoria dei «fantasmi». Ma spesso non hanno lavoro fisso, né domicilio, né reddito e non sono coperti dalla carta sanitaria europea. Il risultato? I costi per le loro malattie se li accolla l’Italia e non la Romania.
Gli immigrati entrano in ospedale soprattutto per far nascere i bambini, se donne, per traumi e incidenti se uomini. Ma anche tra loro cominciano a emergere patologie presenti nella popolazione italiana di età più avanzata: malattie cardiovascolari, tumori e tubercolosi, una malattia di ritorno che inquieta gli esperti. «Se queste persone, quando hanno la Tbc, non si facessero – spiega Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia del Policlinico Gemelli di Roma - potrebbero diffondere la malattia, che si trasmette per via respiratoria».