Nonostante la crisi, c’è una merce che si vende sempre bene: è la demagogia. Anzi, in tempi grami come questi le promesse a buon mercato si piazzano ancor meglio, soprattutto in politica: non costano nulla e permettono di fare bella figura, guadagnando qualche titolo sui giornali. L’ultima delle mirabolanti offerte è l’assegno di disoccupazione per tutti lanciato dal nuovo segretario del Partito democratico, Dario Franceschini. Il neoeletto per farsi notare ha bisogno di far parlare di sé e dunque prova ogni espediente, compreso il sussidio per chi non ha lavoro. La trovata in sé non è male, ma per le casse dello Stato sarebbe pessima: un punto e mezzo del prodotto interno lordo, ha spiegato il presidente del Consiglio. Il capo del Pd ha replicato sostenendo che le cifre del premier sarebbero sballate e con soli 4 miliardi di euro si potrebbero far contenti quanti non hanno un posto. In realtà, nelle promesse di Franceschini si nasconde un trucco o, meglio, una mezza verità.
Il leader dell’opposizione, quando parla di sussidio ai disoccupati, non pensa a un assegno da elargire a tutti quelli che non hanno lavoro, che in Italia sono quasi 2 milioni, ma solo a chi il lavoro lo ha perso recentemente o ce l’ha a singhiozzo. Nel complesso sarebbero circa 500 mila persone. Non solo, ma nei piani del segretario del Pd il bonus dovrebbe essere limitato nel tempo: non uno stipendio indeterminato, ancorché decurtato, bensì una provvidenza di soli sei mesi, massimo un anno. Ovviamente la prospettiva cambia, e i conti con essa. Ve lo immaginate che cosa succederebbe se a tutti coloro che non hanno lavoro si pagasse un salario regolare? Provate a pensare quanti furbi cercherebbero di spassarsela gratis con i 500 euro regalati dal governo. In certe aree del Paese, dove regnano una disoccupazione cronica e una criminalità diffusa, l’unico effetto sarebbe di far crescere il lavoro nero, perché grazie al sussidio molti potrebbero dedicarsi ai vari sistemi per arrotondare le entrate senza dover versare un centesimo al fisco. Del resto, se in un paese come la Gran Bretagna (e in passato l’Australia) sono stati costretti a mettere dei vincoli al sussidio di disoccupazione per evitare che qualcuno ne approfittasse fraudolentemente, c’è da supporre che da noi bisognerebbe mettere le guardie a fianco degli sportelli che erogano l’assegno, costringendole a spulciare ogni pagamento.
Tra i furbi ci sarebbero anche certi imprenditori svelti di mano e di conti, che avrebbero un mezzo rapido per alleggerire il carico contributivo. Grazie all’assegno di disoccupazione potrebbero fare ristrutturazioni senza dover passare dall’ufficio provinciale del lavoro per discutere delle modalità con cui mettere i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità. Il sussidio di disoccupazione rischierebbe insomma di accelerare la riduzione del personale. Tutto diventerebbe più facile, grazie alle casse dello Stato.
Intendiamoci: non è che non ci sia bisogno di un aiuto a chi resta senza impiego. Ma in Italia di strumenti per dare una mano a chi ha perso il lavoro ce ne sono già a sufficienza, basti ricordare, appunto, la cassa integrazione, che in qualche caso dura anni. E per i dipendenti che non ne hanno diritto sono stati previsti strumenti simili. Ma più che parlare di come aiutare i disoccupati, come ha spiegato il segretario della Uil Luigi Angeletti, forse sarebbe il caso di discutere di come far aumentare gli occupati. Certo, ci vorrebbe un piano di aiuti alle imprese che assumono, soprattutto a quelle medie e piccole che soffrono a causa della carenza di liquidità. Ma per far questo c’è bisogno di più di una promessa a buon mercato.