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 LE TRE D CHE QUALIFICANO L'ESISTENZA DI UN UOMO Data: 12/03/2009
Appertiene alla sezione: [ Cultura ]
CARLO ROSSELLA
Alcuni giorni fa sono salito sull’aereo di un mio caro e fraterno amico. E ho notato una piccola targa di ottone, che non avevo mai visto in passato, con scritte sopra tre parole: Dignità, Dovere, Divertimento. Prima di chiedere spiegazioni pensai a quante battute su questo nobile trio avevo sentito fare nella mia vita.

Per la dignità mi venne in mente Albert Camus dei Taccuini: «è impressionante vedere come certe persone perdano così facilmente ogni dignità».

Sul dovere mi ricordai Norman Douglas di Goodbye to Western Culture: «Quando il dovere cessa di essere un piacere, allora smette di esistere».

Fu una frase fin troppo citata di Charles Baudelaire a farmi sorridere sul divertimento: «Lavorare è meno noioso che divertirsi». Giunto a casa presi il Devoto-Oli, dizionario della lingua italiana, per ripassare il significato delle tre d. Dignità: «Rispetto che l’uomo, conscio del proprio valore sul piano morale, deve avere nei confronti di se stesso e insegnare agli altri mediante un comportamento e un contegno adeguati». Dovere: «Obbligo morale di agire in una data direzione, in generale o in particolari settori». Divertimento: «Quanto può servire a sollevare l’animo dalle cure quotidiane, dalle fatiche del lavoro, dalle preoccupazioni».

Giorni dopo rividi l’amico e gli chiesi spiegazioni. «Vedi» mi disse «le tre d sono da sempre la mia filosofia di vita, e vorrei che fosse anche quella dei miei figli. Dignità» aggiunse «è un valore che noi imprenditori venuti dalla provincia conosciamo molto bene. Nei paesi, nei piccoli centri, tutti si conoscono. Da quelle parti la reputazione, figlia della dignità, è il valore. Chi è quello lì?, si chiedono, da quale famiglia proviene? è figlio di gente per bene? Per giudicarti negli affari e nella vita, non hanno bisogno dell’attività degli uffici stampa specializzati. Guardano a quello che sei e a quello che fai. E se fai bene ti danno fiducia».

Detto questo passò al dovere: «è quel che ogni giorno uno deve fare per rispetto verso se stesso e verso gli altri. Se non fai il tuo dovere, se non ti poni obiettivi, se non costruisci, se non ti sacrifichi, non andrai mai da nessuna parte».

Fu inevitabile arrivare al divertimento: «L’uomo ha bisogno di svago, di tempo per sé e per gli amici, la cultura, l’amore, la passione, le risate e il piacere. Ma sempre con l’occhio alla dignità e al dovere».

Uscii rasserenato da quell’incontro ma, in auto, tornando a casa, ripensai alle tre d, soprattutto al divertimento. Chi lavora con dignità e senso del dovere, chi ha successo e fortuna, ma nel frattempo si gode anche la vita, come è suo diritto, viene invidiato e criticato. Alcuni magistrati, per esempio, sono arrivati al punto di aprire indagini su svaghi legittimi, battute, sollazzi telefonici di amici, alla ricerca di reati ridicoli e inesistenti.

L’Italia degli odiatori di chi ce l’ha fatta, dei seminatori di zizzania e di calunnie, non ha né dignità né senso del dovere né, ovviamente, del divertimento. L’invidioso non può aver successo e alla fine perde. Le tre magiche parole del mio amico lo hanno reso felice. Sono state il talismano della sua vita. Possono esserlo anche della nostra.

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