Manipolare e distruggere embrioni umani a scopo di ricerca sembrerebbe ormai, a parte ogni altra considerazione di decenza e umanità, ragionevolmente inutile. Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina, lo conferma (La Repubblica di martedì 10 marzo): “La nuova tecnica delle staminali cosiddette Ips, ottenute partendo da cellule adulte, permette di evitare l’uso degli embrioni”. Si può dunque evitare l’abuso di quei nuclei di persona umana (concepita) per fare avanzare la ricerca sulle grandi malattie cronico-degenerative come il Parkinson, l’Alzheimer, il diabete, la sclerosi multipla e così via. E allora perché Barack Obama ha orchestrato una grande e solenne cerimonia alla Casa Bianca, nel corso della quale ha autorizzato il finanziamento federale alla ricerca sugli embrioni al quale il suo predecessore, George W. Bush, aveva messo dei limiti?
Come ha rilevato un po’ incredulo il Washington Post, il presidente americano non ha argomentato in termini etici il suo gesto, non ha discusso, nemmeno per scartarle, le obiezioni in difesa della vita umana. Obama è infatti molto agile intellettualmente, molto disinvolto spiritualmente e molto furbo politicamente. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a superare del tutto le remore etiche all’utilizzo di embrioni concepiti con argomenti di tipo utilitaristico. Se c’è un altro modo di procedere all’indagine scientifica su quelle malattie, privo di conseguenze distruttive su nuclei di essere umano, che utilità avrebbe accanirsi sul vecchio modo? Obama ha fatto dunque ricorso alla sua fede, al suo status di credente, per saltare l’obiezione di anacronismo e di inutilità rivolta alla scelta che lui ha perorato e varato.
Ha detto che da credente, da cristiano, lui vuole alleviare le sofferenze, vuole attenuare il dolore dei malati, e promette agli americani questa speranza solidale. Non basta usare la scienza sperimentalmente, per ottenere risultati utili, bisogna credere nella scienza, compiere un atto di fede nel suo futuro, e stabilire fideisticamente che di lì viene la sanatoria globale al dolore umano.
Il presidente si è fatto re taumaturgo, qualcuno capace di promettere e realizzare il miracolo dell’amore e della speranza con mezzi civili, finanziamenti federali, impulsi e incoraggiamenti alle grandi lobby che promuovono la ricerca. D’altra parte l’esercito dei ricercatori scientifici è diviso sulle remore etiche alla ricerca, sui limiti morali al dispiegarsi trionfale della regola secondo cui il fine giustifica i mezzi, ma la maggior parte degli scienziati e delle industrie che sulla ricerca si fondano ha bisogno di questo simbolismo taumaturgico più ancora che di quattrini o di autorizzazioni. La battaglia è eminentemente ideologica e politica, la scienza moderna vuole soppiantare, in nome della religione della salute, la vecchia religione della salvezza.
Per massimo paradosso, è stato il cattolico Davide Rondoni sul quotidiano dei vescovi Avvenire a notare questo impianto per niente laico che rinnega la politica pro life di George W. Bush. Si può aggiungere che una persona non credente e laica può ragionevolmente provare orrore etico per un mondo fondato sulla negazione dell’amore e del buonumore, e devoto all’aborto come mezzo moralmente indifferente di regolazione delle nascite. Invece, per quanto possa apparire assurdo, nel Cristianesimo moderno c’è un filone soggettivista e spiritualista che apre la strada a queste derive irrazionalistiche, a questa svalutazione della vita reale in nome di una speranza taumaturgica. Il nesso ratzingeriano di fede e ragione è l’unico antidoto a questa trasvalutazione dei valori e al suo esito nullista.