Il Senato ha approvato in prima lettura il testo della riforma federale.
Questo in sintesi il contenuto del provvedimento. Il testo sarà discusso ora a Montecitorio.
Da spesa storica a costo standard
L’obiettivo della norma é quello di assicurare autonomia di entrata e spesa agli enti locali in modo da sostituire, gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica con quello dei costi standard per i servizi fondamentali che devono costare ed essere erogati in modo uguale in tutto il Paese. Si passa così dal meccanismo dei trasferimenti a quello delle compartecipazioni ai tributi erariali.
Compartecipazioni e tributi propri
Le autonomie locali, per l’erogazione dei servizi, fanno ricorso al fondo perequativo, alla compartecipazione a tributi erariali e a tributi propri. Nel caso dei comuni è previsto un mix di compartecipazione a Iva e Irpef. Il ddl prevede in ogni caso una tendenziale limitazione delle compartecipazioni alle sole spese per garantire le funzioni essenziali.
Autonomia fiscale e tetto tasse
L’obiettivo della riforma é quello di dare autonomia tributaria agli enti territoriali ma, facendo attenzione, a non aumentare la pressione fiscale. La norma prevede, quindi, che, attraverso i decreti attuativi, ”sia garantita la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale, nonché del suo riparto tra i vari livelli di governo”. E si prevede anche una clausola la quale prevede che non vengano prodotti aumenti della pressione fiscale complessiva anche nel corso della fase transitoria del provvedimento.
Lotta ed evasione fiscale
Il ddl prevede il ”coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali nell’attività di contrasto dell’evasione fiscale” e l’individuazione di adeguati meccanismi diretti a coinvolgere regioni ed enti locali nell’attività di recupero dell’evasione fiscale.
Roma capitale
Arrivano norme specifiche per la capitale. Il consiglio comunale di Roma sarà chiamato ”assemblea capitolina” e il suo status sarà regolato da una apposita legge dello Stato. Vengono indicate le funzioni amministrative della capitale - dal concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali all’edilizia pubblica e privata alla protezione civile - e l’attività dovrà tener conto dei vincoli delle normative regionali,statali, costituzionali e comunitarie. A Roma Capitale viene inoltre attribuito un patrimonio commisurato alle funzioni,anche attraverso il ”trasferimento, a titolo gratuito, dei beni appartenenti al patrimonio dello Stato non più funzionali alle esigenze dell’Amministrazione centrale”.
Otto città senza province
Viene delineato il processo per l’istituzione di 8 città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Napoli. L’iter, che prevede anche un referendum consultivo della popolazione, potrebbe anche portare - è previsto esplicitamente - alla cancellazione delle corrispondenti province.
Patto di convergenza
Il governo, previo confronto e valutazione congiunta in sede di Conferenza Unificata individua un percorso dinamico di convergenza ai costi e fabbisogni standard detto ’patto di convergenza’ che è presentato insieme al Dpef alle Camere e che enti sono tenuti a rispettare. In caso di mancato raggiungimento lo Stato accerta le motivazioni degli scostamenti e stabilisce le azioni correttive da mettere in atto. Una sorta di ’patto di convergenza’ è prevista anche per il settore delle infrastrutture con norme di salvaguardia specifiche per le isole.
Premi e sanzioni per enti virtuosi e non
Il testo prevede sanzioni fino al commissariamento per comuni, province e regioni inadempienti, e un ”sistema premiante” nei confronti di chi a fronte di un alto livello dei servizi sia in grado di garantire una pressione fiscale inferiore alla media degli enti del suo livello. Per gli enti ’virtuosi’ sono concesse anche deroghe al patto di stabilità interno per spese in conto capitale.
Funzioni comuni e province
Nel disegno di legge vengono definite le funzioni essenziali per Comuni e province, in attesa dell’approvazione della Carta delle Autonomie.
Bicameralina
A dare il parere sui decreti attuativi sarà una commissione bicamerale, composta da 15 deputati e 15 senatori nominati dai presidenti delle Camere. La composizione della commissione deve in ogni momento rispecchiare in ogni momento la proporzione dei gruppi parlamentari. La ’bicameralina’ lavora avvalendosi della consulenza di un comitato esterno con rappresentati delle autonomie territoriali nominato dalla Conferenza Unificata. Il governo, se non intende conformarsi ai pareri di questa commissione come di quelle economiche che saranno investite di questo compito, deve rimettere i testi alle Camere ma dopo 30 giorni dalla nuova trasmissione può comunque adottare i decreti in via definitiva.
I TEMPI DELLA RIFORMA
A regime entro sette anni
Con il sì del Senato si avvia il percorso di attuazione del federalismo fiscale. Ma la vera entrata in vigore della riforma deve passare ancora per diverse tappe e il provvedimento entrerà pienamente a regime al massimo in sette anni. Ecco, punto per punto, i prossimi passaggi che porteranno all’attuazione del federalismo.
Approvazione camera
La prossima tappa del provvedimento è il passaggio a Montecitorio. Il ddl approderà a breve alla Camera e verrà approvato presumibilmente entro un paio di mesi. Se questo avverrà senza modifiche non ci saranno ulteriori passaggi a Palazzo Madama e il ddl sarà in vigore.
Entro 1 anno primo dl attuativo
Dopo il via libera definitivo del disegno di legge il governo sarà tenuto ad emanare i decreti attuativi della delega, il primo dei quali deve avere l’ok entro un anno dal sì definitivo al ddl. Insieme al primo decreto attuativo ci saranno anche i primi numeri del provvedimento. Con il decreto, infatti, l’esecutivo è tenuto anche a fornire una relazione sui primi dati del federalismo fiscale.
Entro 2 anni tutti i dl delegati
Entro 24 mesi dal sì al ddl dovranno essere emanati tutti decreti attuativi. Il governo avrà poi tempo altri due anni per i dl correttivi.
Entro 7 anni piena entrata a regime
L’entrata a regime effettiva del federalismo fiscale avverrà presumibilmente entro un massimo di 7 anni dal sì di Montecitorio al provvedimento. Una data che si desume dal fatto che, secondo la delega, il governo è tenuto a indicare in uno dei decreti attuativi (che vanno approvati al massimo entro 24 mesi) un termine a partire dal quale, al massimo entro cinque anni, dovrà essere completato il passaggio dalla spesa storica al costo standard. Si tratta del vero ’cuore’ del provvedimento che, quindi, sarà completamente a regime al massimo nel 2016.