C’è un equivoco di fondo nella proposta di riforma della legge Bossi-Fini portata ieri nel consiglio dei Ministri, perchè affronta il problema dell’immigrazione extracomunitaria non ponendo i paletti per un corretto rapporto con l’Islam. Un ennesimo pasticcio in salsa rossa che nasconde dietro un’ambiziosa quanto vuota carta dei valori la volontà di allargare le maglie degli ingressi, anche clandestini, nel nostro Paese.
Per ammissione della stessa Europa che aveva definito “un colabrodo” le coste italiane, il provvedimento del governo Berlusconi aveva saputo coniugare solidarietà e rispetto delle regole, domanda e offerta di lavoro. E, si sa, il lavoro è il vero strumento di integrazione sociale, di convivenza civile, è il vero anello di congiunzione tra culture ed etnie diverse. Ma la sinistra vuole cancellare quella norma per farne una più “buonista”, con l’intento neanche malcelato, di trovare un nuovo bacino di elettori, visto che i vecchi le hanno voltato le spalle. Ma con il rischio reale di creare divisioni sempre più forti e conflitti sociali sempre più insanabili.
Riguardo la Carta dei Valori, lo stesso ministro degli Interni ammette ingenuamente che si tratta di “principi” e non di “norme” e che quindi non sono indicazioni che si possono imporre per decreto: la centralità dell’individuo, l’uguaglianza tra uomo e donna, il diritto alla libertà religiosa, il divieto alla poligamia e al velo rimangono concetti astratti. Un vuoto esercizio di buone intenzioni. Talmente vuoto che il ministro alla solidarietà è costretto a fare dichiarazioni alla Catalano (ricordate?), quello di Arbore. Dice Ferrero a commento di una indagine sugli immigrati di seconda generazione: “Il fatto che il 60% dei giovani extracomunitari si senta italiano vuole dire che l’immigrazione contribuisce a formare la società del futuro. Il fatto che il 40% dica il contrario vuol dire che bisogna lavorare molto in direzione dell’inclusione sociale”.
Più grave, invece, e più serio l’intervento sulle nuove regole di ingresso in Italia degli extracomunitari in cui le maglie per entrare a pieno diritto si allargano a dismisura eliminando le minime garanzie di sicurezza sociale: si semplificano le procedure per ottenere il permesso di soggiorno mentre, per cercare lavoro, si ipotizza una sorta di “autosponsorizzazione”, cioè qualcuno che garantisce per l’immigrato. Un obbrobrio giuridico-sociale che la stessa Cgil ha contestato al governo perchè “condannerebbe ad una soggezione e dipendenza giuridica, quasi esistenziale, da altri, foriera di una condizione di assoggettamento pericolosissima”, dice il responsabile immigrazione del sindacato. Lui si ferma qui, ma si potrebbe continuare con un esempio non tanto fantasioso: il boss di questa o quell’associazione a delinquere, che opera in incognito, decide di allargare la sua rete di accoliti e sponsorizza un gruppo di extracomunitari che vogliono entrare in Italia. Nel nome della legge, la criminalità trova la sua manovalanza. E l’Italia, con questi ministri, ha trovato i suoi criminali!
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