Biagi, Santoro, Luttazzi: a volte tornano ma è flop
di Turi Vasile -
Come a primavera le rondini tornano - ohimè sempre in minor numero - al nido lasciato a fine estate, così in questa primavera prodiana tornano in Rai gli esclusi o gli esiliati a vario titolo. Invocatissimo il ritorno dei martiri colpiti dal cosiddetto editto bulgaro che lasciarono un incolmabile vuoto nei palinsesti della tv di Stato. Biagi, Santoro e Luttazzi.
Il primo oberato tuttavia dai miliardi della liquidazione perché in futuro si sentisse a suo agio nel predicare a favore dei poveri, ha in verità potuto ugualmente emettere sulla stampa le sue sentenze infarcite di citazioni come chi ha poco da dire del suo. Variatissimi i temi trattati: monotona, sempre, la conclusione di ogni predica: Berlusconi delendus est. Santoro è andato a far danno come si suol dire a Bruxelles, col relativo appannaggio. Luttazzi francamente non so, perché non mi occupo di coprofilia.
Il primo a tornare è stato Santoro; sembrava che avrebbe sfondato il tetto degli ascolti. La sue rentrée è stata segnalata invece dentro limiti poco più che modesti tali che nei numeri seguenti egli è ricorso perfino al lenocinio del gay pride. Il ritorno di Biagi non ha affatto esaltato gli ascolti, nonostante la piaggeria degli amici. Di Luttazzi è ancora presto per azzardare giudizi.
Intendiamoci, anche un altro esiliato a diverso titolo, Gianfranco Funari, invocato per la verità maggiormente da se stesso, è tornato dopo 11 anni, risarcito con un programma nella prima serata del sabato. Il risultato può definirsi disastroso a causa del 17% e poco più di share su Raiuno e della presunzione di predicatore stravagante ma ovvio.
E allora? Martiri e proscritti esaltati come eroi ingiustamente perseguitati non erano tali? Oppure: la loro assenza dal video li ha danneggiati fino ad appannarne il carisma? Francamente se fossero rimasti a casa il pubblico televisivo non ne avrebbe sofferto più di tanto, mentre la loro fama sarebbe rimasta incontaminata grazie al silenzio. Ora che si sono messi però a parlare, devono fare i conti con la legge della selezione naturale; non hanno ormai alibi da invocare.
Gli esordi non sono stati brillanti; Santoro continua a rotolarsi nel fango come ha fatto sempre, Biagi si affida ai suoi oracoli sibillini trascurando che la retorica non è solo ridondanza ma si insinua anche nelle più stringate sentenze. Tutto è opinabile, sia chiaro; ma è incontrovertibile il fatto che questa volta il ritorno a casa del figliolo prodigo o non, ha dissuaso il padre dal macellare il vitello grasso.