Sulla vicenda Visco-Guardia di Finanza-Unipol
Sergio Soave da L'Avvenire
Il comandante generale della Guardia di Finanza, Roberto Speciale, interrogato da magistrati ha affermato di aver ricevuto da Vincenzo Visco, nella sua funzione di viceministro con delega alle Finanze, direttive per la rimozione, il trasferimento o la promozione di ufficiali che a suo tempo si erano occupati dell'inchiesta sulla scalata di Unipol alla Banca nazionale del lavoro. Ora si può legittimamente pensare che la campagna promossa dall'opposizione su questo argomento abbia finalità propagandistiche, e anche convenire con la magistratura milanese che non ha ravvisato nei comportamenti illustrati dal generale gli estremi del reato di abuso d'ufficio nei confronti di Visco. È difficile però considerare questa vicenda già completamente chiarita e tale da non richiedere nuove e più esaurienti risposte sul piano politico. C'è chi ha ipotizzato che esista un rancore particolare dei vertici delle Fiamme Gialle nei confronti di Visco, ma anche se questa ipotesi fosse fondata, essa non autorizzerebbe a pensare che un servitore dello Stato in funzioni di altissima responsabilità abbia mentito in un atto ufficiale. D'altra parte, se le notizie date dal generale sono vere, anche se l'uso che Visco ha fatto dei suoi poteri non configura un reato penale, rappresenta un impiego talmente parziale di una funzione pubblica da suscitare seri interrogativi. L'aspirazione del gruppo dirigente della compagnia assicurativa della Lega delle Cooperative di assicurarsi il controllo di un grande istituto di credito, di per sé, non esula naturalmente dall'ambito della competizione tra soggetti economici. È stato il versante politico dell'operazione, l'aperta sponsorizzazione dei vertici Ds, a suscitare reazioni giustificate, anche tra gli alleati del partito della Quercia. Se, anche dopo il fallimento dell'operazione, esponenti di quel partito hanno usato del potere che è stato loro attribuito per esercitare pressioni su un'istituzione dalla funzioni delicatissime come la GdF, indirettam ente a vantaggio degli ideatori della scalata alla Bnl, questo significa che l'intreccio tra interessi economici e sponsorizzazioni politiche è rimasto comunque attivo. Su questo punto, che è politico e non giudiziario, un chiarimento è dovuto e le risposte - che evadono il merito della questione per sottolineare solo il carattere propagandistico delle richieste dell'opposizione - rischiano di produrre un'ansia opposta alla tranquillità sperata. La chiarezza è necessaria anche per tutelare l'onorabilità dei tanti dirigenti delle attività economiche legate al mondo cooperativo che hanno il diritto di agire nella competizione economica, beninteso senza corsie preferenziali costruite dalle sponsorizzazioni politiche, ma anche senza una sorta di sospetto pregiudiziale che proprio i lati rimasti oscuri della vicenda Unipol proiettano ingiustamente su ciascuno di loro. Infine, sarebbe bene che i responsabili politici, che giustamente si preoccupano dei fenomeni di ripulsa della politica e delle istituzioni, riflettessero sul fatto che il settore fiscale è quello nel quale il rapporto tra lo Stato e i cittadini è più critico, per ragioni che è perfino inutile illustrare. Il sospetto che gli strumenti di controllo della legalità fiscale siano stati piegati a interessi di parte e che la politica si rifiuti di far chiarezza su un episodio di questo genere avrebbe effetti davvero disastrosi proprio sul già difficile rapporto con i cittadini comuni.