Ricorre oggi il 18° annivfersario della rivolta studentesca nella piazza Tien An Men. di Pechino. 18 anni fa, chi na più o meno il doppio, ricorderà la tragedia che si svolse sotto gli occhi sbarrati del mondo libero che vedeva centinaia, forse migliaia di giovani studenti affrontare a mani nude i carri armati del regime comunista che affogavano nel sangue, come nella più truce tradizione comunista, da Poznam a Budapest, a Praga, la voglia di libertà e di democrazia che solo i giovani, gli studenti e i lavoratori potevano avere il coraggio di esprimere. E come a Poznam, a Budapest, a Praga, anche a Pechino la repressione fu violenta e sanguinosa, senza alcuna pietà per gli insorti. Ancora oggi dinanzi ai nostri occhi riappare l'immagine di un ragazzo che, solo, affronta i carri armati. Che fine abbia fatto, se sia vivo o morto o sepolto ancora in qualche prigione riabilitativa nessuno ha mai più saputo. Dopo 18 anni, mentre la Cina ha fatto enormi passi avanti sul piano economico, le libertà civili e democratiche e i diritti dei singoli, sono tuttora negati alla maggioranza dei cinesi e, purtropppo, proprio i giovani, catturati dal benessere economico, sono stati i primi a voltare le spalle al ricordo della rivolta di una generazione dimenticata. Solo uno dei leader della rivolta, che dopo anni di carcere, è potuto espatriare e vive ora in Canadà, in un recente viaggio in Europa e in Italia, ha ammonito gli occidentali a non dimenticare e a sollecitare il regime di Pechino a restituire al popolo cinese le sue libertà e i suoi diritti. Noi che recentemente abbiamo visitato il Museo del Terrore a Budapest e abbiamo deposto un fiore sulla lapide che a Praga ricorda il martire della libertà Jan Palack, ci inchiniamo in questo anniversario dinanzi ale decine di milioni di vittime della più brutale dittatura della storia, il comunismo, e ammoniamo le nuove generazioni a non ammainare, mai!, la bandiera della lotta a questa terribile disavventura del genere umano.