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 VISCO : CHI, QUANDO E PERCHE’ Data: 06/06/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Mentre in Senato continua il dibattito sul caso Visco e si acuisce la polemica tra l'UNIONE che tenta di difender el'indifendibile Visco e la CDL decisa a mettere con le spalle al muro la maggioranza, pubblichiamo una nota che prendendo spunto dal caso Visco mette in luce
tutte le peggiori caratteristiche della sinistra italiana ed è la conferma che questo governo rappresenta un pericolo per il Paese.

Nel caso Visco c’è tutto: il vero conflitto di interessi, quello della sinistra e delle sue cooperative; l’arroganza del potere e la volontà di controllare tutte le istituzioni; l’uso della giustizia a fini di parte; la sottomissione dello Stato ai propri disegni, in spregio alla legge; la violenza e la minaccia verso chi non si assoggetta al governo, la connivenza e la copertura da parte dell’informazione dominante e dei cosiddetti opinion leader.

Il conflitto di interessi della sinistra

Erano passati pochi giorni dalla nascita del governo Prodi e tra i primi atti del vice ministro diessino Visco c’è la richiesta, illegittima, di rimuovere alcuni ufficiali della Guardia di Finanza impegnati nelle indagini sulla vicenda Unipol-Bnl, cioè sul tentativo di conquista di una delle principali banche italiane da parte della compagnia assicurativa di proprietà delle cooperative dei Ds; un tentativo compiuto in violazione delle leggi che regolano il mercato e che sono poste a difesa dei piccoli azionisti e della trasparenza; quel tentativo che aveva fatto esclamare a Fassino, in una telefonata con il presidente della Unipol Giovanni Consorte, “allora abbiamo una banca”; la miglior prova che il vero conflitto di interessi non è quello di Berlusconi, ma quello della sinistra e delle sue cooperative e imprese, che non esitano a ricorrere ai peggiori metodi di speculazione per assicurare alla propria parte potere e denaro.

Da tredici anni la sinistra ammorba gli italiani con la polemica sul conflitto di interessi di Berlusconi; e in tredici anni non è riuscita a dimostrare nemmeno una volta che un atto, una decisione, un qualsiasi sottodecreto governativo abbia favorito gli interessi del leader della CdL; non sono mancate le occasioni per indagini da parte dell’autorità antitrust (che per legge vigila sul conflitto di interessi) e non sono certo mancate le indagini giudiziarie. Ma nessuna ha mai dimostrato che Berlusconi abbia favorito le imprese di cui è azionista.
In questa vicenda – e di quante altre non si parla e non si viene a conoscenza – è emersa con chiarezza la commistione tra potere politico e interessi economici in cui è avviluppata la sinistra e le sue cooperative.

L’arroganza del potere

Visco sapeva bene, mentre premeva sul generale comandante della Guardia di Finanza Roberto Speciale, che non spetta al governo la collocazione o la rimozione degli uomini del corpo militare; e per questo si era ben guardato dal mettere nero su bianco le sue illegittime richieste. E aveva cercato di negare i fatti quando già a luglio del 2006 erano filtrate le prime notizie sul tentativo del governo di decapitare il nucleo di polizia giudiziaria in forza alla procura della Repubblica di Milano impegnato nelle indagini sul caso Unipol.

Il vice ministro, però, ha insistito dimostrando che per loro l’indipendenza della magistratura è una regola che vale per gli avversari e che non vale per gli amici e i sodali. Quella richiesta di trasferimento che cos’è se non un tentativo palese di bloccare inchieste scomode, di controllare l’azione della magistratura, di impedire che venissero scoperti eventuali reati?

Se noi ci fossimo permessi di cercare di spostare anche un solo appuntato a disposizione della magistratura per ognuno degli innumerevoli procedimenti giudiziari che hanno coinvolto in questi tredici anni il leader della Casa delle Libertà, sarebbe sorto un caso internazionale.

L’arroganza del potere si conferma oggi. Di fronte alle precise e circostanziate dichiarazioni al magistrato del generale Speciale, il governo non allontana il vice ministro che è accusato di violare la legge, ma destituisce chi lo accusa. Se questo non è un comportamento tipico di un regime totalitario, cos’è? Solo i governi dei paesi comunisti o i dittatori come Castro o Chavez si comportano così.

Guardate, poi, cosa dice il Presidente del Consiglio: queste polemiche dividono il Paese. Ecco, nemmeno le critiche sopportano; vogliono esercitare un potere assoluto e tutti zitti e mosca!

L’uso della giustizia a fini di parte

Da tredici anni denunciamo l’esistenza di una commistione inaccettabile tra la sinistra e una parte della magistratura inquirente. Una commistione che ha portato ad un uso della giustizia penale a fini politici. Molte inchieste giudiziarie sono state concepite con il fine di colpire e delegittimare avversari politici della sinistra, per consentire per via giudiziaria quella conquista del potere che democraticamente la sinistra non avrebbe potuto ottenere. Gli storici diranno cosa è accaduto veramente negli anni di tangentopoli e come sono state scelte, usate e pilotate certe inchieste giudiziarie degli anni ’90.

Noi sappiamo, per esperienza personale di tredici anni, che è bastato scendere in campo e opporsi a questa sinistra per diventare oggetto della più lunga serie di attacchi giudiziari che un leader politico abbia subito nella storia. Attacchi che, grazie alla nostra resistenza e al grande sostegno popolare che abbiamo dal 1994, non hanno centrato l’obbiettivo della sinistra: eliminare l’unico ostacolo alla duratura conquista del potere da parte della sinistra.

La sottomissione dello Stato

La sinistra si riempie la bocca di due espressioni con cui pretende di dare lezione ad altri: la legalità e il senso dello Stato e delle istituzioni.

In questa vicenda emerge tutta l’ipocrisia degli ex comunisti. Non hanno esitato un momento nel cercare di violare la legalità per ottenere quei trasferimenti che dovevano assicurare l’impunità ai loro uomini. Non hanno esitato un momento nel tentare di piegare una istituzione, la Guardia di Finanza, ai loro disegni.

Per loro il governo coincide con il controllo completo dello Stato e delle sue istituzioni. Per loro il potere non deve conoscere contrappesi e non rispetta l’autonomia delle istituzioni. Per loro governare equivale a comandare, a utilizzare ogni apparato dello Stato a fini di parte.

In questi mesi hanno fatto di tutto: hanno provocato le dimissioni di un giudice della Corte Costituzionale, un fatto mai accaduto prima; hanno cercato di rimuovere con arroganza e illegittimamente un membro del CdA della Rai, reo di non piegarsi ai loro diktat e di svolgere il suo ruolo rispettando la legge, e il Tar ha dato loro torto; ora rimuovono un integerrimo generale perché non ha obbedito ai loro ordini.

Cosa dobbiamo attenderci per il futuro da un governo che ha così disprezzo della legge e del senso dello Stato e delle sue istituzioni?

La minaccia verso chi non si assoggetta

In questa vicenda c’è un altro aspetto inquietante. Con questa destituzione il governo manda a tutti i livelli dell’amministrazione dello Stato un messaggio intimidatorio: chi non sta con noi sarà colpito, rimosso, destituito. Magari con l’ipocrisia di una sistemazione altrove.

E in questo caso occorre difendere la Corte dei Conti. Perché, se il generale Speciale non è affidabile alla Guardia di Finanza per le sue accuse al vice ministro, come può andar bene per una istituzione di tanta importanza come la Corte dei Conti?

La verità è che la loro ipocrisia non ha fine. Sanno di agire illegittimamente, di compiere un atto di arroganza, un atto immotivato se si esclude l’interesse di parte, e cercano di ammansire un servitore dello Stato con un incarico prestigioso. Ma sulla loro strada hanno incontrato una persona seria, un uomo integerrimo che non si piega alla violenza del potere e ancora crede nella legittimità del nostro Stato.

È anche per difendere questo senso delle istituzioni, dello Stato, della legge che noi dobbiamo combattere il governo dell’arroganza, dell’uso privato dello Stato, del vero conflitto di interessi.

Ci batteremo fino in fondo per impedire che il governo possa impunemente minacciare i servitori dello Stato perché si assoggettino al potere politico.

La connivenza degli opinion leader

C’è un ultimo aspetto grave di questa vicenda, ed è la connivenza degli opinion leader. Con poche eccezioni, la grande stampa e i Tg pubblici hanno trattato questa vicenda come un contrasto tra un membro del governo e un generale, cercando magari di far credere che il generale stia agendo per simpatie politiche. È una inaccettabile copertura di regime che la stampa italiana e alcuni suoi protagonisti stanno compiendo.

Per non parlare poi degli indignati speciali: avete visto Santoro? Se il vice ministro fosse stato del nostro governo, avrebbe dedicato la sua trasmissione al documentario della BBC o a questo caso? E Floris? E il Tg3 con i suoi approfondimenti? E Lucia Annunziata che ha cercato addirittura di esaltare il comportamento di Visco sostenendo che, passato il dibattito parlamentare, il viceministro deve riavere anche la delega della GdF (come dire: passata la festa, gabbato lo santo)?

Invece è montata la gran cassa del silenzio: non disturbare il manovratore perché “le polemiche dividono”. Se questo non è un regime, cos’è?

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