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 BUSH: DA ROMA A TIRANA Data: 10/06/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Il presidente Bush ha lascaito questa mattina Roma, capitale d'Italia, vecchia e fidata alleata dai tempi della liberazione del 1943-1945, del piano Marshall, dei grandi scambi economico-commerciali, delle comuni battaglia contro il comunismo e per la libertà, per recarsi a Tirana, capitale dell'Albania, sino a 15 anni fa regno incontrastato del peggior comunismo dei tempi moderni, dove il popolo era tenuto in una specie di campo di concentramento generale, dove i dissidenti finivano nelle peggiori galere o sulla forca, dove se andava bene a fine giornata il popolo albanese poteva ingurgitare qualche tazza di brodaglia che da noi non daremmo nemmeno ai maiali, considerati meglio che gli albanesi, dalla torva classe di potere che intorno al "dittatore" albanese se la spassava nella città fortificata che sorgeva ai margini di Tirana come moderni satrapi alle spalle di milioni di diseredati.
A Roma, Bush ha lasciato anche la sinistra di "piazza e di governo", i Bertinotti, i Giordano, i Diliberto, i Cento, e giù giù sino in fondo al buio, i quali da un canto frequentani i luoghi del benessere -dalla Camera dei Deputati ai sofisticati e costosi luoghi di rilassamento - frutto della civiltà del benessere di cui l'Italia ha potuto godere grazie al fatto di essere sfuggita nel 1945 all'altra metà (orribile) del cielo, quella posta al di là della cortina di ferro sovietica, e di aver potuto ricevere gli aiuti americani, dal piano Marshall, apppunto, al sostegno della sua oepra di rinascita, dall'altro canto promuovono e patrocinano squallide manifestazioni antiamericane nel centro di Roma, si da impedire al presidente Bush, primo cittadino della prima democrazia del mondo, di godere di quella Roma che da sempre è meta dei turisti americani sui cui dollari di certo non sputano i commercianti romani che fanno ricca la città, fanno bella la città, fanno meravigliosa la città, Roma, appunto la più bella città del mondo. Tanto bella che a Bush è stato impedito di visitare Trastevere e la Comunità di Sant'Egidio, come dovrebbe essere garantito a chiunque e per chiunque. E non solo. Bush partendo ha lasciato dietro di sè i cortei dei no-global di Caruso e di Casarini i quali hanno messo a soqquadro la città, con la polizia che si è guadagnata la stima di qualche senatore o senatrice della sinistra alternativa perchè è rimasta ferma e silente mentre loro spaccavano vetrine, incendiavano auto, insomma facevano quello che hanno smepre fatto, i rivoluzionari da operetta che non pagano lo scotto di quel che fanno. A Roma, capitale di una Nazione Amica da più di mezzo secolo, i cui milioni di emigrati vivono, lavorano, si sono integrati nella società americana che ha apero loro le porte, Bush, il presidente eletto anche da milioni di voti italo americani, ha lasciato tutto questo.
Ed è arrivato a Tirana. In un paese educato ad odiare gli americani, che le noccioline e la cocacola, simboli del benessere di oltreoceano li ha scopetti da pochi lustri, Bush è stato accolto cme un trionfatore, per le strade imbandierate di bandiere a stelle e striscie, con la gente avvolta nella bandiera americana esposta su tutti i balconi (a Roma solo Cossiga, da quel provocatore che è ha espsoto sui suoi balconi la bandiera americana...) con i bambini che appalaudivano e agitavano le bandierine verso il capo della Democrazia dove chiunque può diventare capo (Reagan) e chiunque può subire i rigori della legge (Nixon) ma dove tutti sono davvero uguali dinanzi alla legge (anche Paris Hilton!). Non lo dirà Bush ma di certo sarà stato costretto a fare il paragone tra Roma e Tirana, tra l'Italia, cattiva e ingrata, al di là delle dichiarazioni di facciata di un capo del governo e di un ministro degli esteri ostaggi della sinistra alternativa, e l'Albania, l'antico paese delle aquile, da poco risorto alla democrazia che può sperare solo nel grande spirito di fratellanza dell'America che non è bigotta ma che è solidale perchè anch'essa possa incamminarsi non solo sulla strada della libertà ma anche sulla strada parallela e conseguente del benessere. E sarà grato all'America, perchè solo i popoli che come quello albanese hanno provato la sferza della dittatura comunista e della sua connessa povertà possono provare la gioia della riconoscenza verso chi li ha liberati dalla schiavitù e li sorreggerà nel difficile cammino di una nuova civiltà. Che invece non è il traguardo dei no - globa italiani, che non avendo provato i morsi della fame ed essendo vissuti, molti di loro, come l'esperienza delle Brigate Rosse ha inseganto, nella bambagia e nel benesserer, giocano a fare la guerra. Per dormire la sera nelle lenzuola di seta.

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