Dopo i risultati elettorali di quindici giorni fa e alla vigilia dei ballottaggi che rischiano di punire ancora più severamente la sinistra, ecco che il ministro Padoa Schioppa confessa: “La pressione fiscale ha raggiunto in Italia livelli elevati”.
E auspica una diminuzione delle tasse: “Sarà necessario ridurre progressivamente le aliquote legali di prelievo”.
Parole rubate agli eventi, alla critica dei governatori del Nord (“Sul fisco si rischia la rivolta”), alle relazioni di Montezemolo e di Draghi che mal si adattano a chi ha prodotto, firmato e difeso una finanziaria “lacrime e sangue”.
Al ministro dell’Economia che ha messo le mani nelle tasche dei cittadini, sfondandogliele, che ha reso difficile la vita alle famiglie e alle imprese, che non ha creato sviluppo e nuovi posti di lavoro, che non ha aiutato né gli anziani né i giovani.
A quel ministro che ha sacrificato l’autorevolezza del tecnico per far prevalere le ragioni politiche (l’intervento al Senato sull’affare Visco-Speciale lo conferma), che sembra intrappolato nelle sabbie mobili di una coalizione che non sa parlare di economia, per inadeguatezza – quella del premier - e per cultura – quella comunista. E che chiede a lui, al tecnico, di cantare in play back, di prestare la faccia e la voce agli impresentabili Visco e C. .