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 LA GIORNATA DELLA MEMORIA: TRA RICORDI E DIMENTICANZE Data: 26/01/2007
Appertiene alla sezione: [ Il commento del giorno ]
Sui muri del nostro paese, per celebrare la Giornata della Memoria, che ricorre il 27 gennaio, il Comune ha fatto affiggere un manifesto su cui compare una celeberrima fotografia, quella del bambino con le braccia alzate, scattata nel ghetto di Varsavia, il 13 luglio del 1943. La foto è divenuta il simbolo dell'Olocausto, la più drammatica testimonianza della brutalità degli uomini quando esercitano senza controllo il potere sugli altri uomini. Qualche anno fa, il Corriere della Sera, promosse l'iniziativa di spedire a tutte le scuole che le avessero richieste copie della foto perchè fosse esposta nelle aule e spiegata agli alunni. Segnalata da un consigliere comunale alle scuole di Toritto, l'iniziativa fu raccolta dalla Scuola Elementare, non dalla Scuola Media. Chissà perchè! La cosa curiosa, che pochi sanno, è che quel bambino, che aveva all'epoca della foto 8 anni, ha un nome e un cognome, Tvusi Nussbaum, vive tuttora in America, fa il medico a Rockland, nei pressi di New York ed è padre di quattro bambine. Lo intervistò Enzo Biagi nel lontano 1990, pubblicandone la storia in un suo libro, Noi c'eravamo. Il bambino di allora, ormai divenuto adulto, raccontò a Biagi la sua storia e come riuscì a salvarsi dalla morte che invece colse tutta la sua famiglia. Il dr. Nussbaum mai avrebbe immaginato che il suo viso sarebbe divenuto il simbolo dell'Olocausto. Come mai un modesto rappresentante di commercio italiano, per di più ...fascista, avrebbe potuto immaginare che sarebbe divenuto un eroe di quel tempo così malvagio. Giorgio PERLASCA, questo il suo nome, si trovava a Budapest nell'inverno del 1944, dopo essere stato volontario in Spagna. A Budapest la sua storia si incrociò con quella degli ebrei ungheresi che i tedeschi volevano deportare nei campi di sterminio. Perlasca allora si spacciò per console spagnuolo e riuscì a salvare dalla deportazione migliaia di ebrei ungheresi. In silenzio, e ignorato rimase per oltre 50 anni questo suo atto di coraggio più da "spaccone" che da consapevole artefice di tanta abnegazione. La sua storia fu resa pubblica grazie ad un gruppo di donne ungheresi che gli dovevano la vita, che lo rintracciarono nel 1987 e fecero in modo che l'Ungheria gli concedesse l'onorificienza di"uomo giusto". In Italia la sua storia incredibile è stata raccontata dal giornalista Enrico Deaglio in un libro dal titolo eloquente "La banalità del bene". Oggi Perlasca è morto, di lui pochi conoscono la storia e l'eroismo. Sarebbe bello che il nostro Comune celebrasse la Shoah non soltanto con un manifesto ma anche intitolando una strada cittadina a questo eroe del nostro tempo, "banale, silenzioso, coraggioso".

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