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 LA RIFORMA DELLE PENSIONI DI PRODI: I CONTI NON TORNANO Data: 13/07/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
E’ un tentativo in chiave anti–europea quello che Romano Prodi sta cercando di raggiungere sulle pensioni. Il presidente del Consiglio punta a far propria la soluzione avanzata da Cesare Damiano. Vale a dire l’aumento dell’età pensionistica di un anno a partire dal 2008, uno nel 2010 e un altro nel 2011, così da arrivare a 60 anni di età di pensione di anzianità solo per quella data. Una soluzione che sulla carta (e salvo giochi sottobanco) è destinata a dimezzare i risparmi che la Commissione Europea si attende dall’Italia per la spesa previdenziale. La soluzione ipotizzata è talmente graduale da eliminare i benifici sul bilancio prodotti dallo scalone della riforma Tremonti-Maroni.

I giochi sottobanco potrebbero essere rappresentati dall’introduzione del sistema delle quote, cioè si può andare in pensione soltanto se la somma dell’età anagrafica unita a quella contributiva dà il risultato vicino a 96-97. In tal modo intere generazioni di metalmeccanici verrebbero bloccate alla catena di montaggio in modo ben più rude di quanto non fosse lo scalone previdenziale. In altre parole, tutti quelli della classe 51 e 52 potrebbero andare in pensione solo dopo aver maturato 40 anni di contributi.

L’aria anti-europea che si respira a Palazzo Chigi è determinata anche dalle scelte fatte con il decreto di spesa del tesoretto e non suffragate dall’andamento dei conti pubblici. Il dato delle entrate tributarie, in calo a maggio, avrebbe dovuto consigliare al Ministero dell’Economia maggiore cautela nell’uso del tesoretto. Le entrate, infatti, nei primi cinque mesi dell’anno, hanno seguito un trend in linea con la crescita nominale dell’economia. Quindi non c’è stato nessun gettito aggiuntivo, in quanto lo stesso è stato sospinto esclusivamente dalla crescita e dal livello di inflazione.

I due fenomeni - l’aumento della spesa previdenziale determinata dalla riforma dello scalone Tremonti-Maroni e il non positivo andamento delle entrate - avranno inevitabilmente ripercussioni negative sul deficit. Ragion per cui sarebbe stato più prudente seguire i consigli di Bruxelles: utilizzare il tesoretto per la riduzione del deficit. Perché altrimenti lo spettro che il disavanzo possa tornare ad avvicinarsi in maniera preoccupante al tetto del 3% rischia di manifestarsi nuovamente nei prossimi mesi, e l’Italia ha perso, a causa di questo governo, il momento propizio per un risanamento strutturale della finanza pubblica.

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