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 IL GENERALE SPECIALE HA QUERELATO PADOA-SCHIOPPA Data: 18/07/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Il generale Roberto Speciale, ex comandante della guardia di finanza, protagonista del caso "Visco" ha querelato per diffamazione pluriaggravata il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa, che era intervenuto in aula al Senato nel dibattito del 6 giugno scorso sulle dimissioni del viceministro Visco. In tredici pagine di querela, presentata dall'avvocato Ugo Longo, si chiede che la magistratura proceda nei confronti di Padoa-Schioppa per il reato di diffamazione pluriaggravata in relazione alla "completa falsità dei fatti" contenuti nelle dichiarazioni, "gravemente lesive della dignità del denunciante", rese dal ministro durante il dibattito al Senato.

Diffamazione aggravata Nella querela si ipotizza il reato di diffamazione per tre circostanze dell’articolo 595 del codice penale: attribuzione di un falso determinato, offesa contenuta in un atto pubblico, offesa arrecata nei confronti di un corpo amministrativo Nell’atto di querela, di 13 pagine, il generale Speciale ricorda le dichiarazioni fatte dal ministro Padoa Schioppa: "Ha gestito in modo personalistico il corpo, escludendo la catena gerarchica delle scelte e delle decisioni, ha perseguito una discutibile politica degli encomi idonea a modificare le graduatorie interne ai fini dell’avanzamento, non ha tenuto un comportamento leale nei confronti dell’autorità politica, in particolare omettendo di trasmettere o comunicare le lettere inviategli dalla procura di Milano".

Le frasi incriminate Nell’elenco delle presunte frasi diffamatorie, l’atto di querela riporta inoltre altri giudizi di Padoa Schioppa su Speciale. "Il generale - si legge nella querela - non è stato in grado di vigilare e impedire che fossero pubblicati documenti dalla stampa riservati e relativi a carteggi intercorsi tra lo stesso comandante generale e alti ufficiali del corpo e tra lui stesso ed il viceministro Visco". Secondo quanto si legge nella querela "tali dichiarazioni sono certamente nei toni, intrinsecamente diffamatorie. In nessun modo si può supporre che il diritto di critica di un ministro della Repubblica, sia pure qualificato nell’espletamento della propria attività dialogica con il parlamento, gli consenta di esprimersi in simili termini. Giova ricordare, in ogni caso, che i ministri della Repubblica non godono di alcuna forma di insindacabilità per le proprie opinioni, sia pure espresse in sede parlamentare, assimilabile ad esempio, a quella di cui beneficiano i membri di Camera e Senato, ex art. 68 primo comma della Costituzione".

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