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 PREZZI: LO STRAPOTERE DELLE COOP ROSSE Data: 21/09/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
In tempi di prezzi che si impennano, la notizia interesserà i consumatori: dati alla mano, il sistema delle coop rosse parla bene (con la pubblicità) e razzola male (sui cartellini dei prodotti). Nonostante i giganteschi benefici fiscali e l’inesauribile serbatoio finanziario del prestito sociale, che pure drogano ampiamente la concorrenza, nei suoi supermercati i prezzi sono più alti che altrove. Non solo: gli stessi prodotti in supermercati coop diversi non hanno gli stessi prezzi. Così le coop rosse non svolgono quel ruolo calmieratore del mercato di cui fanno ampiamente vanto.
A smascherare l’inganno provvede un libro, “Falce e carrello”, presentato a Milano e scritto da Bernardo Caprotti (proprietario di Esselunga) e dall’economista Geminello Alvi. Caprotti è un concorrente, certo, ma le cifre e le tabelle snocciolate nel libro non sono contestabili. Vuole vendere la sua azienda, ma non alle Coop. Per questo è stato oggetto di una pesante campagna ed è tuttora nel mirino dei vertici delle cooperative rosse.
Così parla di “legittima difesa”. Informando i consumatori con dati oggettivi, relativi alle prime cinque grandi cooperative (Firenze, Adriatica, Estense, Tirreno e Liguria). Alcune perle:
•Una società specializzata ha confrontato i prezzi relativi a 3.100 prodotti uguali e direttamente confrontabili. Con Esselunga pari a 100, troviamo: Modena a 102 (la migliore) e Ferrara a 110 (la peggiore ).
•Una spesa (stessi prodotti) fatta alla coop di Ferrara costa il 10% in più di quella di Modena (medesima cooperativa)
•La stessa confezione di pasta costa 39 centesimi nei supermercati del privato Esselunga, ma 46 alla coop di Bologna (solo per fare un esempio).
Da questi primi dati appaiono chiare due cose: che le coop rosse nelle “loro” regioni fanno il prezzo; che nelle province dove hanno di fatto azzerato la concorrenza si possono permettere di alzare i prezzi come e quanto vogliono (la borsa della spesa di una massaia di Ferrara costa il 10% in più di una massaia di Modena).

Passi per questo, purchè non si atteggino a primi della classe. L’imprenditore Caprotti segnala che, pur con un fatturato inferiore alle cinque coop prese in esame, paga più del doppio delle imposte. Pagano meno tasse e tengono i prezzi più alti.
Dice Caprotti: “Da quando siamo nati, subiamo prevaricazioni, ingiustizie e prepotenze”.
Non se ne può stupire. Il sistema Coop gode di protezioni politiche impensabili. La stanza dei bottoni è in collegamento diretto con quella dei Ds: una porta girevole con un frenetico andirivieni di parlamentari bolliti, assessori locali e sindacalisti in un groviglio inestricabile di interessi economici e clientelari spesso al centro di inchieste giudiziarie. Muove un giro d’affari vicino ai 50 miliardi di euro l’anno e i benefici fiscali che gli riconoscono le leggi, drogano la concorrenza, quando non consentono, nelle regioni rosse e come dimostrano le cifre, un vero e proprio “cartello” che penalizza i consumatori.
Altroché “da domani la Coop congela i prezzi”, come recita la pubblicità sui principali quotidiani: ingannevole perché “blocca solo i suoi prodotti a marchio, una percentuale minoritaria del suo assortimento, e per di più temporaneamente”. Uno specchietto per le allodole, capitalismo (si fa per dire) in salsa rossa e per di più esentasse.

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