In tempi di prezzi che si impennano, la notizia interesserà i consumatori: dati alla mano, il sistema delle coop rosse parla bene (con la pubblicità) e razzola male (sui cartellini dei prodotti). Nonostante i giganteschi benefici fiscali e l’inesauribile serbatoio finanziario del prestito sociale, che pure drogano ampiamente la concorrenza, nei suoi supermercati i prezzi sono più alti che altrove. Non solo: gli stessi prodotti in supermercati coop diversi non hanno gli stessi prezzi. Così le coop rosse non svolgono quel ruolo calmieratore del mercato di cui fanno ampiamente vanto.
A smascherare l’inganno provvede un libro, "Falce e carrello", presentato a Milano e scritto da Bernardo Caprotti (proprietario di Esselunga) e dall’economista Geminello Alvi. Caprotti è un concorrente, certo, ma le cifre e le tabelle snocciolate nel libro non sono contestabili. Vuole vendere la sua azienda, ma non alle Coop. Per questo è stato oggetto di una pesante campagna ed è tuttora nel mirino dei vertici delle cooperative rosse.
Così parla di "legittima difesa". Informando i consumatori con dati oggettivi, relativi alle prime cinque grandi cooperative (Firenze, Adriatica, Estense, Tirreno e Liguria). Alcune perle:
- Una società specializzata ha confrontato i prezzi relativi a 3.100 prodotti uguali e direttamente confrontabili. Con Esselunga pari a 100, troviamo: Modena a 102 (la migliore) e Ferrara a 110 (la peggiore ).
- Una spesa (stessi prodotti) fatta alla coop di Ferrara costa il 10% in più di quella di Modena (medesima cooperativa)
- La stessa confezione di pasta costa 39 centesimi nei supermercati del privato Esselunga, ma 46 alla coop di Bologna (solo per fare un esempio).
- Da questi primi dati appaiono chiare due cose: che le coop rosse nelle "loro" regioni fanno il prezzo; che nelle province dove hanno di fatto azzerato la concorrenza si possono permettere di alzare i prezzi come e quanto vogliono (la borsa della spesa di una massaia di Ferrara costa il 10% in più di una massaia di Modena).
Passi per questo, purchè non si atteggino a primi della classe. L’imprenditore Caprotti segnala che, pur con un fatturato inferiore alle cinque coop prese in esame, paga più del doppio delle imposte. Pagano meno tasse e tengono i prezzi più alti.
Dice Caprotti: "Da quando siamo nati, subiamo prevaricazioni, ingiustizie e prepotenze".
Non se ne può stupire. Il sistema Coop gode di protezioni politiche impensabili. La stanza dei bottoni è in collegamento diretto con quella dei Ds: una porta girevole con un frenetico andirivieni di parlamentari bolliti, assessori locali e sindacalisti in un groviglio inestricabile di interessi economici e clientelari spesso al centro di inchieste giudiziarie. Muove un giro d’affari vicino ai 50 miliardi di euro l’anno e i benefici fiscali che gli riconoscono le leggi, drogano la concorrenza, quando non consentono, nelle regioni rosse e come dimostrano le cifre, un vero e proprio "cartello" che penalizza i consumatori.
Altroché "da domani la Coop congela i prezzi", come recita la pubblicità sui principali quotidiani: ingannevole perché "blocca solo i suoi prodotti a marchio, una percentuale minoritaria del suo assortimento, e per di più temporaneamente". Uno specchietto per le allodole, capitalismo (si fa per dire) in salsa rossa e per di più esentasse.