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 DIECI ANNI DA ANTIPATICO Data: 29/09/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Maurizio Belpietro, da dieci anni direttore de Il Giornale che fu di Montanelli, lascia la direzione del giornale per andare a dirigere il maggior settimanale italiano, Panorama.
Con l’editoriale che qui sotto pubblichiamo, Belpietro si congeda dai lettori del Giornale, tra cui anche noi, che lo continueranno seguire, giornalisticamente, su Panorama, ammirati per il coraggio delle sue battaglie giornalistiche e per la caparbietà con cui le combatte.

Montanelli se ne andò dopo vent’anni, io dopo dieci. Se fossi presuntuoso, potrei pensare d’aver fatto almeno metà di quello che fece il vecchio Indro, ma tra i miei molti difetti non c’è l’immodestia. Montanelli fondò Il Giornale per dar voce agl’italiani che non intendevano piegarsi alla deriva del Sessantotto. Attorno a sé radunò il meglio del giornalismo moderato e lo schierò contro ogni conformismo. E prima d’essere beatificato dalla sinistra, sempre pronta ad appropriarsi di ciò che non è suo, fu insultato, minacciato e anche azzoppato in un agguato terroristico.
Più modestamente, in questi anni – dieci da direttore, più altri da condirettore – credo d’essermi impegnato a denunciare sprechi e inganni, d’essermi battuto contro la cappa di piombo di un’informazione che nasconde molto quando non copre tutto. Anch’io sono stato – e sono – vittima di insulti e minacce, gli ultimi dopo una mia apparizione a Ballarò, e da anni sono costretto a girare con i badanti, per evitare che qualche imbecille mi tiri in testa qualcosa.
Ma, del resto, d’essere antipatico a certa gente non mi sono mai curato. Sin dai tempi di Affittopoli, quando scoprii che l’Inps cedeva le sue case ricavandone 65mila lire al mese, sono sempre andato a caccia di profittatori, privilegiati e lottizzati. Molto prima che i giornaloni si accorgessero di una casta che prospera alle spalle degli italiani, e si mettessero a svergognarla al solo scopo di spazzar via qualche referente che ormai non serve più in modo da far posto a qualche altro, Il Giornale ha raccontato minuziosamente come si gettano i soldi dei contribuenti, andando a scavare nei bilanci dei ministeri e delle Regioni.
Del sindacato siamo stati impietosi critici, consci che il sistema di potere e denaro creato dalle confederazioni è il freno più deciso contro ogni cambiamento di questo Paese.
Insieme con una pattuglia di colleghi, abbiamo portato alla luce relazioni pericolose in ambito bancario (il famoso bacio in fronte di Gianpiero Fiorani ad Antonio Fazio, governatore di Bankitalia) e quelle assai più azzardate tra politica e finanza (i sogni telefonici di Massimo D’Alema e le esultanze bancarie di Piero Fassino). Abbiamo denunciato le pressioni arroganti della partitocrazia sui corpi militari dello Stato e non ci siamo arresi neppure di fronte alla svendita del patrimonio immobiliare pubblico a favore di politici e alti burocrati. Per molte di queste scelte sono stato criticato, denunciato, vilipeso. Ma della linea che ho tenuto non mi pento. Sottoscrivo tutto, virgole comprese. Di ciò che ho fatto vado fiero: sia dell’inchiesta Telekom Serbia, storia oscura che – se non fosse comparso sulla scena uno strano testimone, di cui fin da subito invitai a diffidare – non sarebbero riusciti a occultare, sia della pubblicazione delle foto del portavoce del premier Romano Prodi con un transessuale. Questo non vuol dire che non abbia fatto errori, ma per quelli che ho commesso devo prendermela solo con me stesso. Ciò che ho fatto, l’ho fatto con passione. Non so se con coraggio, di sicuro con incoscienza.
Nel giorno dei saluti, voglio dare il benvenuto a Mario Giordano, l’amico e collega che prende il mio posto, cui lascio un Giornale che è ormai un esempio nel giornalismo d’inchiesta. Un quotidiano autorevole, spesso temuto. Il merito è di una straordinaria redazione, senza la quale non sarei riuscito a fare nulla. E dunque ringrazio i giornalisti, molti dei quali sono più amici che colleghi: grazie per avermi sopportato.
All’editore, Paolo Berlusconi, devo la riconoscenza d’avermi lasciato lavorare in totale autonomia: non mi era mai capitato. Un abbraccio anche ad Andrea Favari, il consigliere delegato del Giornale, che in tutti questi anni mi ha aiutato e con la sua capacità ha agevolato il mio compito.
Gli ultimi ringraziamenti sono per voi, cari lettori, che mi avete seguito e spronato con le vostre lettere, con i vostri consigli e incoraggiamenti. Conservo le migliaia di mail che mi avete inviato nei giorni del caso Sircana e le centinaia che ho ricevuto a sostegno dell’inchiesta sul viceministro Visco e il generale Speciale. In una cartella tengo i messaggi sulle case dei Vip e quelli di solidarietà dopo la condanna per aver osato investigare sulle scomode verità dell’attentato di via Rasella. Li porterò con me, perché so già che mi mancherete. O forse no: spero infatti di continuare a ricevere le vostre lettere anche a Panorama, il settimanale che andrò a dirigere dall’11 ottobre. Se così fosse, prendetelo soltanto come un arrivederci.
Maurizio Belpietro
P.S. Anche se vi ho salutato oggi, su richiesta dell’editore continuerò a firmare Il Giornale per altri dieci giorni. È anche questo un modo per illudermi di non essermi allontanato da voi.

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