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 MONETINE SULLA CRISTOFORO COLOMBO Data: 29/09/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
Questo che segue è l'editoriale di questa settimana del direttore di Panorama, Pietro Calabrese. Lo pubblichiamo perchè l'episodio che viene descritto è il segnale di una insofferenza che, grillo o non grillo, cresce sempre di più contro gli abusi e i privilegi di un ceto, quello della classe dirigente di questo Paese, che assomiglia sempre di più alla squallida nomenklatura delle repubbliche sovietiche. L'omino che urla contro la tentata prepotenza dell'auto blu di turno potrebbe essere ciascuno di noi.

Domenica scorsa, metà pomeriggio, sulla via Cristoforo Colombo, la strada che unisce Roma al quartiere dell’Eur. Traffico regolare, né migliore né peggiore del solito. Alcune macchine ferme al semaforo. Arriva un’auto blu, vetri oscurati e lampeggiante acceso. L’autista strombazza, tira fuori la paletta e la agita nervosamente. Le vetture cercano di fargli spazio per farlo passare, si fanno da parte come possono. Ne rimane solo una, ferma davanti al semaforo rosso. L’autista dell’auto blu suona il clacson ripetutamente. Dall’auto di media cilindrata scende un signore di mezza età, uno che potrebbe essere un dirigente d’azienda o un professionista che sta portando la moglie al cinema. Il nostro vicino di pianerottolo, uno qualunque, uno di noi, una persona normale. Scende dalla sua macchina e si piazza davanti all’auto blu. Il semaforo diventa verde. Lui non si muove. E comincia a urlare. Fa molta impressione vederlo perdere così la calma, è una reazione inattesa, che sgomenta, vista la «normalità» dell’individuo.«Volete passare a forza?» urla. «Continuate a fare come vi pare, vi sentite i padroni della strada, vi sentite i padroni di tutto, e invece ve lo dico io chi siete: siete dei ladri!». E alza ancora il tono della voce: «Siete dei ladri, dei parassiti, dei farabutti!». Il semaforo torna rosso. «Dei ladri! E vi dovreste vergognare. Vergogna! Vergogna! Vergogna!»
A questo punto accade una cosa sulla quale dobbiamo riflettere tutti. Dai finestrini delle macchine vicine, o da quelle immediatamente dietro, si sporgono teste e si agitano braccia. E i passeggeri si uniscono alla voce dell’uomo fermo davanti all’auto blu. E gridano anche loro: «Ladri! Vergogna!». Esasperati. Questa storia non me l’hanno raccontata, l’ho vissuta in prima persona e ne sono rimasto molto impressionato. Non ho fatto che ripeterla in giro a tutti quelli che incontravo. Non c’era solo esasperazione in quegli automobilisti che urlavano, c’era una sorta di rancore viscerale che si liberava finalmente come in un rito propiziatorio atteso da tempo. Quelle persone urlavano contro il potere, era il loro modo metaforico di tirare
monetine sulla casta chiusa dentro quella macchina blu. Insieme a disprezzo, rabbia, svilimento di cittadini qualunque. Non so chi ci fosse dentro quell’auto. Magari non c’era un politico, forse ci viaggiava uno di quei magistrati che rischiano ogni giorno la vita per salvare pezzi della dignità di questo nostro Stato. Oppure uno che meritava tutto tranne il disprezzo dei cittadini gridato per strada. Ma non aveva importanza, contava soltanto potersi finalmente liberare e strillare «ladro!» a uno della stirpe privilegiata, chiunque esso fosse, colpevole o innocente.A un certo punto (pochi minuti?Molti minuti?) l’uomo qualunque che era sceso dalla sua macchina ha voltato le spalle all’auto blu, è risalito, ha ingranato la marcia e il traffico è ripreso. L’auto blu l’ha superato ed è sparita inghiottita dal rumore del suo lampeggiante.
Non è sceso nessuno a minacciare l’uomo, nessuno ha reagito a quell’offesa terribile che farebbe sbiancare ognuno di noi: «Ladro!», urlato in pubblico, davanti a tutti. Ripeto: non so chi ci fosse dentro quella macchina, e non so cosa i lettori penseranno di questo episodio. A
me è sembrato un sintomo terribile di un male devastante. Dobbiamo impegnarci tutti, con ogni nostra forza, per ridare a questo Paese la serenità perduta.

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