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 LE CINQUE MOSSE PER VINCERE Data: 01/10/2007
Appertiene alla sezione: [ Politica ]
di Geminello Alvi - Il Giornale

Essendo i comunisti al governo una sciagura per la nazione, c'è da confortarsi che i sondaggi diano ormai avanti del 12% l'ex premier Berlusconi e la sua coalizione. Tuttavia sarebbe pure doveroso rammentare adesso l'improvvisa disgrazia del giovane leader conservatore inglese David Cameron. Ancora sei settimane fa egli era in vantaggio del 10%, ma i sondaggi dell'altro ieri rovesciano la sua posizione. È indietro dell’11% rispetto al rivale laburista, e deve riaggiustare in tutta fretta la sua proposta, mentre dilagano le defezioni, clamorosa quella del miliardario Eliasch. Insomma per quanto il governo Prodi sia penoso e Veltroni abbia esibito finora la consistenza delle meduse, la loro sconfitta non è scontata. E soprattutto non sarebbe bene fidarsi delle circostanze. Perché se Berlusconi non patisce il difetto d'esperienza che ha indebolito Cameron, è pur vero che non viviamo nel Regno Unito. Per quante ne combinino le sinistre, infatti, la Repubblica italiana resta cosa loro. Non c'è suo difetto che costoro non sappiano da sempre volgere a loro vantaggio. Perciò non bastano i sondaggi; e ci vorrebbe da noi più che in Inghilterra per vincere davvero: occorrerebbe un'idea d'Italia stavolta ben chiara e diversa.
Quello Stato che le sinistre occupano è esangue, e le esibisce ormai al ludibrio dei comici. Perciò nella prossima legislatura occorrerebbe iniziare a smontarlo: sottrarre alla politica non solo il privilegio dei suoi stipendi, ma quote potenti di spesa. La riforma vera della politica sarebbe insomma impegnarsi a far calare la pressione fiscale di almeno 5 punti nel corso di una legislatura. Infatti lo si era già verificato col primo governo Prodi, i criteri di Maastricht non impongono alcuna riforma dello Stato. Anzi rispettandoli il culturame politico comunista e prodiano ha pure elevato la pressione fiscale. Mentre invece si doveva e si deve tagliare la spesa, e rifare lo Stato. Ma per riuscirci non ci si può affidare al mercato. Per ridurre il debito certamente servono privatizzazioni massicce della mano morta pubblica; ma per ridurre la spesa corrente urgono altri criteri. Come quello che sottrarrebbe università, ospedali, scuole alla spesa statale, al malfare della politica, e l'affiderebbe invece a fondazioni, a intenti pubblici, e tuttavia non statali. Il che implicherebbe anche di riconfigurare la funzione politica sul territorio, sciogliendo la struttura parassitaria di Regioni e Province. Servono Comuni e aggregazioni tra essi sulla base del criterio di sussidiarietà, ch'è una delle poche buone idee della Ue. Non meno preziosa sarebbe l'idea di una Camera economica distinta, in cui le funzioni economiche potessero armonizzarsi, smembrando privilegi e inedie di sindacati e potentati bancari e confindustriali consueti. Il fatto d'essere italiani e non inglesi, impone comunque al Polo un programma, stavolta meditato, che richiederebbe meno Stato e più comunità, ed articolazioni distinte dal mercato per delle funzioni diverse, come sono quelle assistenziali, culturali e della sanità. Esse andrebbero con cura sottratte al nostro statalismo ormai in marcescenza, e pernicioso. Ma che non può essere vinto dai sondaggi; peraltro mutevoli come dimostra Cameron. Urge il coraggio delle idee. L'inferiorità ideologica che la destra sente verso le sinistre è insensata. Rischia soltanto, come nei cinque anni precedenti, di lasciare alla fine pur sempre intatta la struttura statale e quel cattocomunismo che per lo più ora l'amministra, e ci prospera.

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