LIBERALIZZAZIONI NON MERITI DEL GOVERNO PRODI MA OBBLIGHI DELL’UNIONE EUROPEA
La polemica sulle liberalizzazioni, approvata dal Consiglio dei Ministri, sembra non avere una fine. Non spesso, però, ci si rammenta dalle discussioni, ancora in atto nel nostro paese, sulla mancanza di attuazione dei vincoli comunitari, sanciti dal Trattato istitutivo delle Comunità Europee, oggi Unione Europea, inerente la libera circolazione delle merci, delle persone e dei capitali, enunciate negli artt. 23 e ss. dello stesso trattato.
Il termine “liberalizzazione” è espressamente sfruttato dal legislatore comunitario con riferimento alla liberalizzazione dei servizi, ma è oggetto di tutto il Titolo III inerente la “Libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali”. E proprio in ottemperanza degli obblighi presi con l’Unione Europea, le liberalizzazioni cominciarono anni fa, le quali. vennero ostentate da alcuni Ordini professionali (come quello forense, tra i più audaci in materia) allo scopo di salvaguardare privilegi acquisiti.
Delle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, del 2002, hanno contribuito ad evidenziare la portata delle regole di concorrenza nel settore delle libere professioni. La Corte venne chiamata a pronunciarsi sulla fissazione degli onorari degli avvocati in Italia e su un divieto di autoregolamentazione relativa alle attività degli avvocati in rapporto di collaborazione integrata con i revisori dei conti nei Paesi Bassi. Nella causa Arduino, la Corte ha dichiarato che uno Stato membro può stabilire un sistema di tariffe che fissa livelli minimi e massimi per gli onorari se ciò è necessario nell'interesse pubblico (...).
Il ministro Bersani, con il suo recente decreto, non ha fatto altro che continuare il percorso di liberalizzazione rispondendo ai precisi vincoli comunitari, pena il rischio di sanzioni da parte della Corte di Giustizia delle Comunità Europee come effetto di una procedura d’infrazione ai sensi degli artt. 226-228 TCE (Trattato delle Comunità Europee). Non si può asserire che è merito di questo governo l’approvazione delle liberalizzazioni, ma il nostro Paese era vincolato da impegni adottati in ambito europeo, rischio infrazioni pecuniarie pesanti.
Allora perché non sentiamo mai parlare di questo importantissimo aspetto? Perché non aver dato luogo alle liberalizzazioni prima?
Forse per comodità e interesse di alcuni signorotti o, piuttosto, per evitare lo scontro politico con i cittadini (paura e dissenso popolare si comprendono dalle manifestazioni dei mesi scorsi).
Gli Stati membri dell’UE sono obbligati ad attenersi alle disposizioni delle disposizioni europee (pacta sunt servanda), giungendo ad attuare un ravvicinamento delle legislazioni nazionali al fine di permettere regole simili in tutto il territorio europeo.
E liberalizzare sta ad indicare inibire la previsione di tariffari minimi dei professionisti; significa dare la possibilità a tutti i cittadini – nazionali o comunque europei – di svolgere una determinata attività economica senza restrizioni (sia nel proprio che in altro Stato del lembo territoriale europeo); ed ancora, vuol dire permettere di aprire le porte del mercato e al mercato stesso.
I consumatori e gli operatori commerciali incontrano ancora notevoli difficoltà nel conseguire benefici dal mercato interno nei servizi delle libere professioni, che deriva dalla regolamentazione statale e dalle norme di autoregolamentazione delle professioni che incidono sulle condizioni di concorrenza. Sebbene lo scopo principale di questa regolamentazione sia quello di garantire la qualità del servizio, l'ipotesi è che una parte della regolamentazione vigente produca maggiori costi che benefici. Perlomeno, alcune presunte regole deontologiche sono mantenute senza alcuna ragione oggettiva circa i benefici che possono apportare ai consumatori. Se venissero individuate ed eliminate restrizioni ingiustificate, il vantaggio per i consumatori si tradurrebbe in una maggiore occasione di scelta e in un migliore rapporto costi-benefici, e coloro che offrono i servizi avrebbero maggiore spazio per la creatività e l'innovazione e per adeguare le proprie attività alla domanda.
Purtroppo, se consideriamo alcuni avvenimenti come – tanto per fare un esempio in linea con i precedenti riferimenti – il ricorso al TAR da parte dell’Ordine degli avvocati per il “no” del Governo (riuniti i ministeri del Lavoro, dell’Economia, della Giustizia) all’aumento dal 2 al 4% del versamento integrativo di norma addebitato al cliente (diniego volto ad evitare effetti inflazionistici), sarà possibile constatare come le cose difficilmente potranno davvero mutare con le liberalizzazioni, a danno dell’economia e dei consumatori.
Vorrei concludere invitando a riflettere sulla necessità, legale e di mercato, delle liberalizzazioni, evitando di opporsi, cercando ragioni infondate o insussistenti per impedirle.Giuseppe Paccione